The Lost Record

di Edoardo Serena

The Lost Record

L'intervista ad Alexandra Cabral e Ian Svenonius, tra chiacchiere e cous cous

The Lost Record è un “radical psy-fi exploitation movie” che parla di “dischi, amore, controllo, distopia, sesso e un po’ di altre cose”, nelle parole dei suoi unici creatori: Ian Svenonius e Alexandra Cabral. Nelle nostre, è escapismo allo stato puro. Escape-ism – che è in effetti il nome della realtà sonica parallela nella quale i due mescolano rock’n’roll primitivo con andamenti elettronici – si mette stavolta in gioco con un vero e proprio film, e il risultato incanta. Ciò non deve stupire: Alexandra è un’incredibile artista, fotografa e regista che lavora a LA, mentre Svenonius è uno scrittore, critico e performer anfibio, oltre che uno dei frontmen più magnetici che la scena indie americana abbia mai rigurgitato dalle sue budella contorte. Insieme hanno lanciato qualche tempo fa Radical Elite Press, un organo attraverso il quale pubblicano mensilmente “The Cellophane Flag”, una zine che spazia dalla politica ai loro lavori artistici. La coppia sguazza quotidianamente nello spazio interstiziale dell’underground culture, riaffiorando di tanto in tanto con trovate sensazionali, sempre e stoicamente indipendenti. È infatti completamente da soli che hanno scritto, prodotto e girato l’apparentemente improbabile love story tra “una ragazza… e un disco” attorno la quale ruota “The Lost Record”. Attraverso questo inossidabile rapporto, il film demistifica i meccanismi che portano alla feticizzazione degli oggetti, e alla conseguente corporativizzazione degli esseri e dei sentimenti umani, illuminandoci allo stesso tempo sulla natura del rapporto tra musica e masse. In un tipico venerdì sera settembrino, Ian e Alexandra hanno presentato il loro nuovo film a Milano e Super Stanzy ha condiviso con loro un piatto di cous-cous, con la promessa di trascinarli negli stanzini per organizzare un concerto insieme. Potete leggere qui sotto la nostra chiacchierata.

 E: Ian, qualche tempo fa stavo guardando una tua intervista in cui esponevi un concetto che trovo interessante: il problema del rock’n’roll è che ad un certo punto ha iniziato a prendersi troppo sul serio. Lodavi a questo proposito l’abilità di Serge Gainsbourg di prendersi gioco della musica scrivendo pop songs esclusivamente come forma di divertissement. Mi domandavo come, nella tua persona, questa concezione della musica si sposasse con le politiche radicali.

I: Sono stato raffigurato come una persona politica, ma non mi reputo una persona politica. Le persone mi identificano sempre come un cantante punk politico, ma penso che l’idea che qualcuno possa essere politico sia assurda. Io penso che Serge Gainsbourg sia molto politico! Non canto niente di esplicitamente politico… ciò che canto è semplicemente emotivo, o per lo meno un tentativo di divertirmi. Penso che ciò che intendevo dire è che il prendersi eccessivamente sul serio è incarnato da un sacco di musica grunge/post-hardcore che… voglio dire, quando lo noti capisci davvero perché il rock’n’roll sia morto! La musica dovrebbe essere giocosa, e la stessa cosa vale per la politica radicale. La ragione per la quale la Sinistra è così orribile in questo momento è che è anti-divertimento. Pensano di poter decidere come le persone dovrebbero vivere e non c’è nemmeno un programma politico alla base di tutto ciò, è semplicemente una questione di farle sentire male – passano messaggi tipo “be, stiamo cercando di costruire un mondo migliore” ok, e quale sarebbe questo mondo? Queste moderne politiche liberali non valgono nulla. È solo una sorta di rigore religioso. E mi piace la religione, credo che possa essere molto divertente – e quando qualcosa è divertente, allora è grande! Se vai in una cattedrale e ti senti rapito dall’arte stupenda che ci trovi, inizi a flagellarti e vai a vivere in un convento – tutto questo è divertentissimo, ma queste false politiche moderne non sono per niente divertenti, sono solo delle stronzate. Mettiamo che sei un punk rocker quattordicenne, e sei tipo “fanculo le autorità e fanculo la Chiesa”, sei in fissa con il femminismo radicale – fantastico! Ma tutto ciò ha la sua forza intellettuale perché è una reazione all’egemonia. Nella politica moderna, quello che succede è che le persone che controllano le narrative sono miliardari che stanno usando le politiche di un punk quattordicenne per controllare la società… così non è più il quattordicenne frustrato in casa dei suoi genitori che pensa che le sue opinioni siano rivoluzionarie… no, queste idee ora arrivano dall’alto e sono usate per creare una sorta di campo di prigionia. Dovremmo essere in grado di riconoscere che ciò che amiamo è a volte usato contro di noi – e puoi guardare alla religione nello stesso modo.

                        E: Cosa ne pensate della concezione della vita come una costante performance teatrale?

I: I nonni di Alexandra erano degli attori shakespeariani e quando mi racconta della loro vita tutto è teatro, penso che lei abbia una sensibilità teatrale più acuta della mia. Ma è interessante quello che mi chiedi, perché oggi, con una società dove vige una costante sorveglianza, tutti sono sempre sul palco in un certo senso. Costruiamo un’identità e ci comportiamo in un certo modo, e hai sempre questo sentore che ad un certo punto tradirai il tuo io più autentico. Ma poi ti chiedi “be, cos’è questo io e quando l’ho costruito?” – è interessante perché se sei in una band o un qualsiasi tipo di artista, hai questa specie di curriculum che tutti possono controllare e ti senti come se avessi una sorta di tatuaggio sulla pelle. Mettiamo che ti fai un tatuaggio di Mickey Mouse quando hai dodici anni, poi sentirai di dover essere leale a Mickey Mouse per sempre. È strano con la musica perché fai uscire un disco e pensi che dovrai mantenere sempre quella persona, band o qualsiasi cosa tu ti sia costruito be… per sempre. Personalmente, ho iniziato da un paio di anni un progetto di distruzione di tutta quella persona – e The Lost Record ne fa certamente parte.

E: Arriviamo a The Lost Record, per l’appunto… Nel film c’è la rappresentazione di un mondo distopico che è chiaramente messo in mostra attraverso il suo lato più erotico. Mi chiedevo se ci sono delle opere di carattere sci-fi che hanno influenzato The Lost Record.

I: Assolutamente… “La Decima Vittima” di Elio Petri è stato l’ispirazione principale per il film. Ci sentiamo anche molto ispirati da Santiago Álvarez, i suoi collage te li consiglio se non li conosci. Ma per quanto riguarda il distopico, amiamo “Rollerball”, e tutto quel filone di roba sci-fi. Allo stesso tempo però non abbiamo bisogno del sci-fi, perché ci viviamo dentro. Mi spiego meglio: in America, c’è questa cosa chiamata Corte Suprema che plasma parecchio la nostra realtà. Viviamo in uno stato corporativo legalizzato che fa sì che le decisioni della Corte Suprema diventino sostanziali. Hanno preso una decisione circa dieci anni fa: hanno stabilito che le grandi società sono umane, e hanno gli stessi diritti degli esseri umani. Di conseguenza, se una grande società è equiparabile ad un essere umano, vale anche viceversa. Nove mesi dopo questa decisione, Instagram è nato. Vedi, Instagram permette alle persone di auto-commercializzarsi, e così in un mondo dove tutti sono un prodotto, l’amore diventa una questione di feticismo delle merci. Voglio dire, io stesso sono certamente innamorato di oggetti, dischi. Tutti abbiamo delle relazioni sentimentali con questi oggetti, e la protagonista del film è senza dubbio un prodotto più che un umano.

E: Per quanto riguarda l’estetica del film, ho trovato molto affascinanti le atmosfere e il design spiccatamente 60s, che immagino rispecchino il vostro gusto nella moda in generale. Ma ci sono dei motivi particolari per i quali le avete scelte come setting per la vostra storia?

I: Alexandra è molto brava ad incorniciare le cose in modo bellissimo… A: Sì, l’intero film è stato girato su un’Éclair, una camera francese della Nouvelle Vague. E poi il Rudi Gernreich Archive ci ha donato gran parte dei vestiti che abbiamo utilizzato per vestire gli attori I: Rudi ha fatto tutti i vestiti per Space 1999, e se guardi “Mondo Hollywood” ha pure una piccola parte nel film.

E: Qui devo essere onesto: la prima volta che ho incrociato il tuo nome è stato come frontman dei pionieristici Nation of Ulysses. Questo grazie ad un video su YouTube in cui suonate alla Sacred Heart Church di Washington con i Fugazi. Hai voglia di abbozzare per noi come fosse vivere e suonare nella leggendaria scena punk di DC?

I: In realtà è divertente che quello sia un nostro video famoso perché abbiamo fatto tanti concerti, ma quello che c’è su internet è l’unico in cui il nostro chitarrista non si fece vedere! Ad ogni modo, quando avevo circa tredici anni ho scoperto tutta quella roba, iniziai ad ascoltare la college radio e poco dopo scoprii il punk di DC e la Dischord… ed erano degli eroi per me. Quando ero adolescente frequentavo l’art school ed ero in classe con Mike Fellows, che era una divinità per me perché suonava nei Rites of Spring, ma poi li abbandonò. E poi praticamente mi sono trasferito con quella gente: Guy (Picciotto) e Brendan (Canty) e Mike Hampton, e c’erano una cosa come dieci persone… tutta quella generazione, insomma. Iniziai a suonare con il fratello di Brendan, ed eravamo solo una band del cazzo, non ci prendevano sul serio. Ma ad un certo punto Calvin Johnson venne in città, perché era stato in tour con i Fugazi e sua madre viveva a DC. Ci vide suonare e ci disse “ragazzi, siete fantastici e voglio pubblicare il vostro disco”, e ci diede molta fiducia. E poi andammo in tour con i Fugazi… erano nostri grandi amici, e sono ancora tra i miei migliori amici. A dire il vero, Brendan ha aiutato con il mix del film e Guy mi aiuta con la pubblicazione del mio magazine. Sono persone davvero importanti per me. Comunque, in quegli anni c’era una vera cultura underground e l’Italia mi ricorda di quel periodo in qualche modo, perché c’è un po’ di localismo, e puoi ancora organizzare delle cose qui ad un livello che non si basi su qualche stronzata dettata da Pitchfork, mi spiego? In America, tutto ciò se n’è andato, perché Internet sta distruggendo la cultura. Almeno questo è quello che penso. 

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Siouxie & the Skunks ‘Scared Children – live acustic sexxxion’

di susiskunk

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Quarantine makes me crazy

E’ il 25 Aprile 2021 e siamo ancora blindati in casa.

Fuori non si esce, le sale prove sono un lontano ricordo, i concerti un fottuto miraggio.
Cosa facciamo per passare il tempo? Registriamo un disco, cazzo! Anzi no, osiamo di più: ci mettiamo a suonare anche noi sui balconi, come i nostri carissimi concittadini che, in questo momento storico tanto mesto, si fanno forza l’un l’altro intonando insieme l’inno nazionale, i classici di sempre, gridando che:

SI, CAZZO, RAGA! CE LA FAREMO!
Ma siamo sicuri?
Noi non tanto.

Là fuori sappiamo che non troveremo mai più il mondo come ce lo ricordavamo: ora che la maschera è tristemente calata, ha lasciato allo scoperto tutte le brutture di questo vivere comune così disperatamente caotico, cinico, asfissiante: sia chiaro, il pianeta-capitale lo conoscevamo già ed era una merda anche prima, un sistema talmente corrotto e incerto da aver ridotto ogni sfida quotidiana ad una scommessa col destino: il lavoro, il precariato, gli affetti, i finali aperti dei film rigurgitati in questi mesi passati incollati agli schermi.

Siamo pronti?
Ce la faremo?
Chi può dirlo.

Noi tutti, bambini sperduti nonché spaventatissimi, non abbiamo trovato modo migliore per esorcizzare questa paura fottuta se non abbracciandola, suonando più forte di lei, per non sentirla. Perciò, che dire? Godetevi questo live: suonato, cantato, montato, ballato, bevuto, mangiato e mixato da noi, ché anche questa volta siamo riusciti a (non?) impazzire del tutto e a sopravvivere, nonostante tutto.

‘Scared Children – live acustic sexxxion’ è uno scossone, una caduta libera nel dormiveglia in cui ti sembra di precipitare da un dirupo, uno state of mind: la dedica a tutti coloro che se la stanno facendo sotto, ma riescono ancora a guardarsi allo specchio per poter quantomeno appurare di non essere soli.

Cosa può salvarci se non immolarci alla bruttezza in nome del bello?
Sembra un paradosso, eppure il punk funziona così.

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Tive

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Super Sexy Channel – Twix al Cacao

di Chris Nigel

Twix al cacao

La hot story di Super Sexy Channel

Prendete e godetene tutt*.

La giornata oggi è stata una rincorsa, divisa tra lavori agli estremi opposti della città mi sono trovata ad inseguire l’orologio come raramente accade. Proprio oggi invece è andata così ed ora mi ritrovo con 35 miseri minuti per prepararmi all’arrivo di Felipe, un 19enne brasiliano da poco approdato nel quartiere. Con lui la storia è stata destino, ci incontrammo più di anno fa. Io appena arrivata a Brescia mi consolavo passando una serata al What We Do Is Lio bevendo un cocktail sulle rotaie del locale assieme a gente di Super Stanzy conosciuta la sera stessa. Lui se ne stava della parte opposta del binario in compagnia di alcuni amici. Si avvicinò per chiedermi se avevo d’accendere e si fermò per una piacevole chiacchierata seduto accanto a me. Provai ad offrirgli da bere ma rifiutò; in cambio però il suo cappotto mi offrì riparo assieme alle sue morbide labbra che presero a baciarmi tutt’attorno alla bocca mentre con le mani mi accarezzava i capelli. Fu una sola mezz’ora, la mattina seguente un volo lo avrebbe riportato in Brasile . Rimanemmo vagamente in contatto, poi un giorno la notizia ‘mi sono trasferito a Brescia’
Improvvisamente la distanza tra i nostri corpi si era accorciata sensibilmente, abitavamo adesso a
poco più di due minuti a piedi. Quindi eccomi, dopo oltre un anno a prepararmi per riscattare quella
notte interrotta. Ho poco tempo e devo compiere delle scelte, mi pare più adeguato concentrarmi su
ascelle e pube, le gambe sono leggermente ispide ma nelle capriole che mi aspettano possono essere
tralasciate . I capelli sono già puliti così m’infilo in doccia a metà, mi sfrego con la pietra pomice la
parte del culo che mi si attacca alle cosce, immagino le sua mani accarezzarmelo e la sua bocca
mordermelo con garbo. Felipe è un ragazzo semplice, di quelli che ti mandano cuoricini e auguri
alle feste comandate. Più giovane di me ho l’idea sia poco pratico dei corpi femminili. Mentre mi
passo il sapone tra le gambe penso a cosa possa combinargli per dargli il battesimo che ha aspettato
con tanta pazienza. Mi eccita pensare di accompagnarlo oltre i confini del piacere, guidarlo
sapientemente alla scoperta dei miei umori, comandargli come muovere le mani sul mio corpo e la
lingua tra le mie gambe. Lo avrei condotto nella mia stanza e guardandolo maliziosa lo avrei fatto
sedere sul mio letto. Davanti a lui avrei iniziato a leccarmi le dita, avrei fatto scorrere la mani sopra
il seno, lungo i fianchi per poi dai pantaloni cercare con grazia in mezzo alle gambe. Avrei poi
girato la schiena per offrirgli la vista del mio culo che si scopre dal pantalone lasciando le mie curve
spezzate da un sottile filo di cotone. Volevo sbandierarglielo davanti come fosse un premio
irraggiungibile. Avvolto tra le mie lenzuola gli avrei fatto sentire il piacere che può dare la mia
bocca esperta, lo avrei leccato con la punta della lingua in mezzo alle cosce, passando poi
delicatamente dal basso del suo scroto fino alla vetta del suo oggetto del piacere. Lasciandolo
disteso sulla schiena mi sarei seduta sul suo bacino, avrei afferrato il suo twix salato e me lo sarei
strofinata tra le gambe, avrei immerso la cappella nella mia fessura e l’avrei invitato a guardare con
attenzione la destrezza con la quale glielo piegavo in giù per fare entrare la punta dentro di me, con
che sapienza mi masturbavo con il suo fallo. Le mie fantasie s’interrompono quando mi accorgo di
avere ormai solo altri 8 minuti per rendermi nudamente presentabile. Spengo l’acqua della doccia,
velocemente mi asciugo e infilo il perizoma, dei jeans neri abbinati a una maglietta rossa con la
scollatura che lascerà appositamente scorgere il reggiseno di pizzo nero. Mi lego i capelli in uno
spettinato chignon, il rossetto no; quando il dunque è vicino meglio evitarlo. Un tocco di profumo e
sono pronta. In perfetta coordinazione Felipe mi telefona annunciandosi sotto casa mia. Mentre
aspetto fintamente distratta mi cade l’occhio nella scollatura e lì l’orrenda scoperta: tre peli attorno
all’aureola dei capezzoli. Con un balzo guadagno il bagno, afferro la pinzetta e tic tic tic, tolti al
primo colpo, salvata in calcio d’angolo. Esco dal bagno ed eccolo, se ne sta educatamente sulla
soglia ad attendere il permesso di entrare. Sediamo sul divano, lui composto si proclama felice di
questa avventura italiana ma già nostalgico del mare che è solito cavalcare con la tavola da surf.
Noto che effettivamente ha delle belle spalle, una forma del busto a trapezio sorretto da un paio di
gambe dalle cosce turgide. Le mani sono ancora abbronzate e con delle dita larghe che risuonano
come un spudorato invito. Lo osservo dal mio angolo di divano aspettando il momento opportuno
per condurlo verso la prossima fase di questa serata dalla prospettiva tacitamente speziata. Mi sento
a metà tra una mistress arrogante ed una milf erudita, raccolgo tutta la disinvoltura che ho appreso e
senza cercare scuse lo conduco nella mia camera da letto tenendolo per il polso. Come nella mia
immaginazione siede sul letto mentre io mi preparo a dare avvio al canovaccio della donna
smaliziata che lo avrebbe trasformato da ragazzo a uomo. Non faccio a tempo ad iniziare la mia
danza sfacciata che lui mi precede, allungando una mano mi afferra tra le gambe portando il mio
bacino all’altezza della sua faccia. Mi massaggia con quelle dita massicce, col pollice strofina il
clitoride mentre il medio lo sento spingere sul mio buco posteriore. Mi godo quell’inaspettata
sorpresa a gambe larghe con le mani dietro la nuca. Mentre fisso il soffitto deliziata lo sento
slacciarmi il jeans, con movimenti misurati lo accompagno a sfilarmeli . Resto coperta solamente da
quel misero triangolo che lui scosta vorace per scoprire la mia profumata essenzialità. Lo sento
ammirarla con commozione poi un tocco umido sale dall’interno coscia verso quello che ora
percepisco essere il centro del mio corpo. Mi lecca tutto, dalle cosce al pube, dentro e attorno
mentre con le mani si tiene larga la via. Mi godo quella posizione, in piedi, crocefissa con la sua
faccia tra la gambe. Poi si alza, con disinvoltura si spoglia e solo allora mi accorgo del manzo che
mi è capitato in casa. Il cliché del surfista mi si materializza davanti agli occhi. [Da intendersi che
fino a quel momento non avevo mai provato attrazione per i fisici scolpiti, piuttosto erano le
corporature da buon gustai ad imprigionare le mie attenzioni. La mia prima vaga sensazione erotica
la ebbi guardando in tv ‘I miserabili’ con Gerard Depardieu; con disappunto di mia madre io avrei
tanto voluto essere Cosette tra le sue braccia]. D’un tratto le mie certezze implodono facendomi
sentire sull’orlo del ridicolo, riesco a raccogliere quel po’ di fiducia che m’è rimasta e cedo a lui la
carica di comandante. Col petto appoggiato alla mia schiena mi solleva tenendomi dal dietro delle
ginocchia, in un attimo lo sento dentro di me. Mi tiene le gambe larghe, con il bacino mi da colpi
rapidi mentre la mia testa è abbandonata sulla sua spalla. Con la stazza che si ritrova non fatica a
trasportarmi in bagno dove si pianta davanti allo specchio e all’orecchio mi dice: ‘look it’ .
Continuando a darmi prova della sua potenza la mia vagina zampilla di desiderio mentre insieme ci
ammiriamo riflessi. Sento il profumo del suo alito e della sua pelle che sa ancora di sale. Poi mi
sdraia sul letto, punta le ginocchia a lato delle mie orecchie e tenendomi la nuca infila nella mia
bocca quella canna di carne al sapore di me. Lo infila fino infondo abbassandolo col pollice poi lo
estrae e guardandomi dritta negli occhi mi regala la sensazione di quel membro altero che mi
schiaffeggia come a punire la mia superbia. Poi una sequenza di posizioni in cui il mio corpo si
abbandona completamente alla forza delle sue braccia, mi gira di lato, mi prostra davanti a lui, mi
piega e tira come a strapparmi gli arti dal corpo. Come un esperto arciere trova sempre il suo
bersaglio per penetrarmi con risolutezza assestando al mio corpo colpi alternati. Il mio seno gonfio
viene strizzato dalla sua mano mentre mi prende da dietro, col dito esplora la mia bocca per poi con
un gesto come a cercare la parola giusta sulla mia schiena scivola giù tra le mie natiche dove
sprofonda senza resistenza . Ansimo di piacere sentendo la virilità che mi possiede, le mie viscere
tremano e un caldo getto cola tra i miei glutei. Trafitta nella mia arroganza rimango disarmata a
pancia in giù ammirando il suo corpo perfetto che si muove nella stanza; pare un Dio greco con la
pelle tesa che si adagia sopra muscoli armonici. Nel chinarsi per infilare i boxer un rumore sordo
accompagnato da un odore denso riempiono la stanza; imbarazzato cade dall’Olimpo facendo
riemergere me sopra la soglia della dignità.  

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Caccaro – il cuoco delle band

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Storie di abbuffatte al servizio del rock 'n roll

In un Sabato pomeriggio di fine Giugno sono stato contattato dalla redazione di SUPER STANZY, che mi ha offerto la possibilità di buttare giù qualche riga sul mio conto. Premesso che non sono minimamente capace a scrivere, Vi chiedo di provare a resistere e di dedicarmi pochi minuti del Vostro tempo.

In un periodo che va da Agosto 2011 ad inizio Dicembre 2016, se facevate o fate ancora parte di una band o semplicemente Vi piace l’ambiente della musica dal vivo, molto probabilmente le nostre strade si saranno incrociate almeno una volta, perché potrei aver cucinato per voi o perché qualche mia caramella gommosa Vi ha MOLESTATO!

“Cuoco delle Band / Cuoco della Brescia Molesta”, così a volte venivo chiamato, orsetti gommosi alcolici molesti non vi dicono niente?

Ebbene sono IO!

QUANDO – COME – PERCHE’

A dare il LA è stato un mio caro amico, il Timpa, al secolo Emanuele Timpanaro, colui che sarebbe a diventato di lì a breve fotografo di moltissimi concerti e compagno di molteplici trasferte. Il Primo Maggio 2011 mi sono ritrovato per la prima volta a far parte di un collettivo in quel di Valeggio Sul Mincio (VR). Col Timpa ero andato nel primo pomeriggio a Villa Zamboni (storico circolo del veronese, una location meravigliosa gestita da un’associazione di ragazzi, ndr) per vedere gli OVLOV; in pochi minuti mi sono ritrovato nella zona ristoro a dare una mano con i preparativi per quella che si sarebbe rivelata una giornata di fuoco.

Alcune considerazioni sulla mia prima esperienza presso l’associazione culturale Gli Humus:

  • saccheggi di tutti i supermercati della zona
  • ancora oggi mi chiedo come siamo riusciti a non fondere l’affettatrice
  • la friggitrice è diventata parte di me e l’odore di fritto è rimasto in auto per giorni
  • RIFAREI TUTTO SUBITO

In quell’occasione conobbi Zab ed il Basta, in ordine Prati Giulio Elia e Mecchi Filippo, titolari della di Notte Records. Questi due gentiluomini, in occasione dei loro rispettivi compleanni, organizzavano presso la loro “cucina” ai Bastianelli una festa dove invitavano sempre a suonare delle band cui seguiva un Dj set.

Per la loro festa del 25 Giugno 2011 venni invitato pure io, ma non conoscendoli, decisi che il mio regalo di compleanno sarebbe stato un piccolo catering per le band e per chi dava una mano.
Si esibirono gli Activus 3000, i Dadamatto e Dj Cum (Infuzion VR).

Quella fu in assoluto la prima volta che mi cimentavo in ciò che poi sarebbe divenuto il punto fisso dei miei sabati, per il quale mi preparavo seguendo il solito rito che consisteva nel caricare l’auto con:

  • 5 frigoriferi da campeggio pieni di cibo
  • scatoloni con salatini, tortini di riso e polentine miste
  • pendole e padelle
  • attrezzatura mista per cucinare

Tra i pochi ricordi della serata, ricordo il cantante degli Activus 3000 ballare su un doppio ampli sbronzissimo, mentre suonano i Dadamatto ed iniziano a volare bicchieri.

Dopo quella serata, con l’inizio dell’Autunno e l’aprirsi della stagione dei live di Villa Zamboni, a partire dall’ Ottobre del 2011 divenni il cuoco della Associazione Humus di Valeggio sul Mincio fino a metà 2013. Quando non ero in Villa passavo ugualmente la settimana a cucinare, perché trovavo sempre un concerto che m’interessava e se avevi la fortuna di salire nella mia auto di sabato, cibo ed alcolici non mancavano mai!

Non ho ancora menzionato le caramelle che mi hanno reso celebre oltremare?

Avete ragione, ma questo perché io NON NE SONO IL PADRE, se mai uno zio che ha alzato il tiro. Le caramelle sono la diretta conseguenza dell’aver conosciuto dei personaggi molesti! Sarebbe dovuto passare più di un anno dalla mia prima uscita alimentare e avrei dovuto conoscere la Brescia Molesta prima di parlarvi delle caramelle.

Conobbi Silvio Montini e Giordano Serina nel parcheggio del Mc di Desenzano il 25 Agosto 2012, in veste di compagni di viaggio per una gita all’Hana-Bi di Ravenna in occasione del concerto dei Disquited By. Il Timpa già li conosceva dalle seratone della Locanda di Campagna e per la loro assidua presenza in svariati concerti. In quell’occasione Giordy e Silvio condivisero le due regole, FISSE, dell’andare ai concerti:

  • durante il viaggio non si ascoltano album dei musicisti che ci si accinge a vedere Live
  • non si indossano magliette provenienti dal merch dei musicisti che ci si accinge a vedere Live
  • CI SI DEVE FERMARE IN AUTOGRILL per acquistare Cronaca Vera (solo per i viaggi in auto)

Fun Fact: in osservanza del punto 3, Giordy acquistò un Cronaca Vera e partecipando ad un concorso al suo interno vinse una macchina fotografica!

Arrivati all’Hana-Bi, feci la conoscenza di altri esponenti della Brescia Molesta: Elia Bertoletti e Beatrice  Giugno (solo in seguito scoprii che facevano parte dell’Associazione Baccano di Leno, quella che organizza il Primo Maggio con mille concerti e banchettini!) Dopo i primi convenevoli ed il giro di saluti, la prima tappa al bar terrorizzò i nostri portafogli, quindi giunse il momento di metter mano ai miei frigoriferi in auto.

Le due foto, super sfocate, ed il video che seguono rendono a pieno quello che è successo nelle ore seguenti!

Qualche canzone dopo avrei rotto oppure tagliato (grazie al gin? Non ricordo) un sopracciglio a Giordy durante il pogo molesto

Ma veniamo alle caramelle: in una piovosa domenica, precisamente il 29 ottobre 2012, in occasione del Liber-Art presso il Castello di Portese (altro non era che uno stanzone dove far casino ed un salone ad uso degli Alpini) andai a vedere per i Rebecca On The Rocks dove il loro cantante mi fece assaggiare il mio orsetto migliorato.

Quindi Silvio Montini è il VERO PADRE degli orsetti al Campari, io ho potenziato la cosa.

Presi il rito dei Rebecca On The Rocks, dove Silvio donava orsetti al Campari sulle note introduttive della loro “Mi hai rubato tutto”, iniziando a dispensare disagio gommoso ovunque mi trovassi. L’inizio della FINE: da quel giorno mi diedi alle sperimentazioni e dopo quella volta, che fossi a Villa Zamboni oppure in giro per vedere concerti, in auto ci sarebbe stato sempre un frigorifero dedicato unicamente alle caramelle.

 

In estate, o quando la Villa era ferma, passavo in rassegna i vari eventi e festival che Facebook utile proponeva, grazie anche a quelle gite della Brescia Molesta, dove in molti si ritrovavano attorno ad un’auto in un parcheggio, manco fossi un narcotrafficante.

 

Dal 2014 mi staccai dall’Associazione Humus ed iniziai a far il cuoco itinerante per Arci, Centri Sociali e Circoli sparsi in ogni dove: l’Arci Dallò, il CSA Arcadia, l’Ekidna, il Barcasòn Vècc, il ƧЧ , lo Spazio Aereo, il Rivolta , il CS Bocciodromo, una casa a Casalino ed altri che ora non ricordo.

Il tutto si svolgeva in maniera collaudata:

  • contattare le band per sapere di intolleranze, allergie e preferenze alimentari
  • stilare un menù in base alle offerte sui volantini dei vari supermercati
  • iniziare a cucinare dal Mercoledì sera, per aver il maggior numero di basi pronte
  • cucinare tutto quello che richiedeva cottura in forno il Sabato pomeriggio 
  • caricare l’auto con cibo e caramelle (a quelle servivano minimo 10 giorni in infusione)
  • fare il pieno e buttarsi in autostrada.

Antipastini vari, tre primi, un dolce per un costo totale che si aggirava attorno ai 70 – 80 euro per 30 persone, tra staff e musicisti. Non male! Il mio contratto non scritto prevedeva il pagamento delle spese alimentari sostenute ed un open bar gin tonico illimitato, con la conseguente sbronza e dormita in loco o nell’auto. Non ho molti aneddoti da raccontare, poiché grazie alla seconda clausola del contratto non scritto, ero perennemente sbronzo e non ricordo un cazzo! Che ci fossero celiaci, vegetariani o vegani, tutti potevano contare sempre su diverse scelte e non ho mai ammazzato nessuno. CREDO.
Se tutti avevano la pancia piena ed erano contenti, pure il sottoscritto era felice, ma mentirei se non dicessi che ero sempre felice di ricevere regali dalle band!

In occasione del San Silvestro del 2015 decisi di scendere a Roma per farmi una gita ed andai all’Arci Fanfulla dove quella sera suonava Calcutta. Come sempre l’alcool la faceva da padrone ed i ricordi sono sfocati, ma un fotografo quella sera mi aveva immortalato e quella stessa foto è diventata la locandina promozionale per i seguenti concerti di Calcutta per l’Italia.

Da qualche tempo mi passava per la testa la malsana idea di possedere la versione culinaria del classico CHIODO ricoperto dalle toppe delle band con l’auto del prode Cesare Maestri della SelStyle Digital T-Shirt (super marchettona, lo trovate a Moniga del Garda, BS).

Dopo mesi di contatti con le varie band che avevo sfamato ed complicato lavoro di stampa, taglia ed incolla, finalmente la giacca venne ultimata, appena in tempo per il Venezia Hardcore Fest, 2016, dove le signorine Simona Sardu e Giulia Pesci vennero a farmi da spalla per poter sfamare 27 band in un colpo solo.

Il 2016 è stato anche l’anno in cui ho deciso di lasciare l’Italia per cambiar vita all’estero. Attualmente vivo a Cracovia in Polonia da qualche anno, ma non Vi nascondo che mi mancano i giorni di preparazione con poco sonno ed i sabati con le trasferte in lungo ed in largo per lo stivale per appropriami di cucine altrui per poter sfamar amici e musicisti.

Ringrazierò sempre i ragazzi e le ragazze del CSA Arcadia per avermi dato la possibilità di metter in piedi un festivalino per il mio addio.

Il 03 Dicembre 2016, in quel di Schio, ha avuto luogo il mio addio musicale con:

  • Hobos
  • Champagne
  • Give Vent
  • Phill Reynolds
  • Cacao
  • Plastic Lungs
  • Felix Lalù
  • Phill Reynolds
  • Big Cream
  • Hooligan and Roses

A tutti coloro che passarono per un saluto dico nuovamente grazie e ringrazio anche la redazione di Super Stanzy per avermi dato la possibilità di raccontare un po’ di quello che è stato il mio piccolo contributo nel mondo della musica!

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Tive

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Intervista a Dork

INTERVISTA A DORK

Cosa diavolo ci fa un Peruviano che guida un van nel veronese?

Quante volte avete immaginato di vivere on the road, come le vere rockstar?
Quante volte avete sognato ad occhi aperti di poter viaggiare scortando le band più fiche del momento?
Quante volte vi siete detti: ‘Basta! Mollo tutto e compro un camper’?

C’è chi questa vita la conosce da vicino e ne ha fatto un mestiere: è il caso di Dork, all’anagrafe Carlos Arzubialde, rider, fonico, roadie, meccanico tuttofare presso sé stesso e tante altre realtà sparse per il veronese e non solo, nonché membro attivo del circolo Colorifico Kroen (VR). Da anni questa silenziosa creatura dall’animo gentile scarrozza in lungo e in largo i migliori gruppi del momento, prendendosi cura di loro e della loro strumentazione.

Pur non essendo dei professionisti, questo periodo post-quarantena ha stravolto anche noi di Super Stanzy facendoci letteralmente andare fuori di testa ora che la crisi d’astinenza da concerti comincia a farsi sentire. L’emergenza sanitaria ha colpito parecchio duramente numerosi lavoratori, specialmente quelli, come Carlos, coinvolti in concerti, festival, teatri, cinema e tante altre attività, culturali. Non possiamo far altro che stare a galla reinventandoci e facendocene raccontare un paio da chi mastica questa roba, non solo d’estate, tutti i giorni dell’anno.

 1) Parlaci un po’ di te: come ci finisce un peruviano di Lima a guidare un van nel veronese?

Ciao! Mi chiamo Carlos, ho 31 anni e sono in Italia da quando ne avevo 4. Il motivo che ha spinto la mia famiglia ad emigrare in Italia è semplicemente per poter lavorare dato che in Perù, verso fine anni ‘80, la situazione era veramente pessima.

2) A che età hai cominciato a lavorare? Hai sempre avuto a che fare con la musica o ci sei capitato?

Ho cominciato a lavorare 2 mesi dopo aver ricevuto il mio diploma in elettronica e comunicazioni. Ho iniziato presso un’azienda di San Giovanni Lupatoto (VR), dove la mia mansione era l’assemblaggio di schede elettroniche per uso industriale. Bel lavoro, pagato bene e in un ambiente molto sereno. Ho lavorato lì per quasi 7 anni, ma la musica era ed è tutt’ora una parte fondamentale della mia vita, dedicarmici solo nel tempo libero non era sufficiente, perciò un giorno, con l’appoggio dei miei genitori, ho lasciato un posto fisso a tempo indeterminato per qualcosa che in Italia, ancora oggi, non è visto come un vero lavoro.

3) Come hai spiegato alla tua famiglia che tipo di mestiere facevi per vivere? Ti hanno appoggiato nelle tue scelte?

Semplicemente ho spiegato quello che volevo fare e come l’avrei fatto. Loro, essendo della vecchia guardia, ovviamente hanno sempre pensato che il lavoro con contratto e stipendio fisso fosse la soluzione migliore ed effettivamente non erano d’accordo su questa mia decisione; ricordo però benissimo cosa mi disse mio padre quel giorno, qualcosa che ancora adesso porto nel cuore, perché grazie a quelle parole presi la mia decisione definitiva: mi disse che lui non avrebbe potuto aiutarmi a finanziare i miei progetti, ma che avrei sempre avuto un tetto e cibo in tavola.

4) Q
uali politiche pensi sarebbe stato meglio prendere in considerazione data l’emergenza di questi mesi e che tanto ha danneggiato tutti i lavoratori del settore?

Non sono la persona qualificata per dire certe cose, l’unica che ho potuto constatare è che lo stato ha salvaguardato molto astutamente gli interessi solo di certe categorie, dimenticandosi totalmente di certe altre, come i servizi di volontariato, i quali ogni giorno svolgono attività sociali per persone che hanno problemi funzionali e mentali, lasciando totalmente da sole quelle famiglie. Poi, parlando del mio orticello, hanno dimenticato i lavoratori dello spettacolo; ancora adesso le compagnie aeree possono riempire totalmente un aereo, ma un teatro invece deve ridurre ad 1/4 la propria capienza. Vi pare normale? Chiaramente il governo (i governi di tutto il mondo) sono stati influenzati da multinazionali, imprenditori ecc…

5) Com’è la situazione all’estero? Musicalmente, culturalmente, in termini di tutela dei suoi protagonisti.. pensi che potremmo prendere spunto da qualcuno in particolare?

L’Europa pare si stia muovendo un pelo più velocemente dell’Italia, ma il miglior paese è definitivamente la Germania. Ho amici (lavoratori dello spettacolo) che il governo riconosce benissimo ai quali ha dato un’indennità di 800 euro al mese (da Marzo ad Agosto, ovvero da inizio pandemia a ipotetica fine emergenza) tutti regolarmente pagati. Oggi è il 4 luglio ed io sto ancora aspettando i soldi di Maggio che sono pure gli ultimi aiuti che lo stato ci darà. 

6) Con quante e quali realtà collabori attualmente?

Io principalmente lavoro con un paio di booking (ZUMA booking e SWAMP booking) ma ultimamente prendo accordi direttamente con le band (la voce sta girando molto, quindi ho iniziato a ricevere proposte di lavoro da gruppi che hanno sentito parlare di me). Le band che seguo ultimamente sono principalmente L.A. Witch (Los Angeles) e Follakzoid (Cile), più tante altre band minori che seguo e che sono praticamente tutte americane.

7) 
Tra le mille mansioni che svolgi, quale preferisci? Conoscendo il Gordon Van credo proprio di sapere la risposta..

Allora, sicuramente guidare, anche se lo sforzo fisico di scaricare, caricare e allestire il palco è notevole, mi rende molto felice. Ultimamente ho anche cominciato a fare dei corsi per fare il tecnico luci e devo dire che mi sta piacendo molto. Vorrei anche diventare molto più professionale nell’ambito audio, il che sicuramente potrebbe essere un bel vantaggio lavorativo per me.

8) Da quanto tempo vivi on the road? Quali sono secondo te i pro e i contro di questo stile di vita?

Sono in tour da quasi 6 anni, anche se ultimamente sto cercando di pianificare l’anno: 6 mesi di duro lavoro in tour e 6 mesi dove posso prendermela con più calma e imparare cose nuove. I pro di questa vita è che vieni pagato per visitare tantissimi posti, conosci moltissime persone che poi diventano anche ottimi amici e ovviamente vedi/conosci tantissime band internazionali ed è molto bello poter parlare e confrontarsi con loro. I contro è che sei sempre via, quindi perdi anche un po’ gli amici che hai nella tua città ed è difficile avere una fidanzata, per esempio, ma credo in questi anni bisogna mettersi in ballo: in un futuro potresti pentirtene.

9) Posso solo immaginare le avventure che hai passato..quante volte ti è capitato di restare a piedi col mezzo?

In tour mi è successo di rimanere a piedi una sola volta: durante un day off in Francia, per fortuna, un amico mi venne in aiuto vicino ad una città con il suo furgone, perciò dopo qualche telefonata riuscimmo a recuperarlo e a non perdere nessuna data. Un paio di volte ho avuto problemi col furgone, ma diciamo che di meccanica me ne intendo un pochettino, quindi sono sempre riuscito a sistemarlo e finire i tour. (D.I.Y. UBER ALLES, ndr.)

10) Qual è stata la band con cui ti sei divertito di più o quella più piacevole con cui andare in tour?

Difficile a dirsi! Tutte le band hanno pregi e difetti, dipende un po’ dalla situazione, anche se, ora che ci penso, credo che il tour più divertente e assurdo sia stato con i BIG MOUNTAIN COUNTY, band di Roma che mi scrisse per un mini tour di 2 settimane. Eravamo in 5 col mio doblò, pieni di strumentazione, il carico del furgone era veramente un’opera d’arte e i ragazzi davvero fantastici. Credo di non aver mai riso così tanto in vita mia!

11) Chi decide la musica da ascoltare durante i viaggi?

Sei anni fa non so se c’era già Spotify, forse non lo avevo io, ma la musica in furgone erano i cd che ci portavamo dietro oppure gli album registrati nel telefono! Al tempo internet all’estero era costosissimo e quello era ciò che si poteva ascoltare; ora, col roaming libero in tutta Europa, con una buona offerta e Spotify puoi ascoltarti quello che vuoi e solitamente si fa un po’ a turno.

12) Locali o situazioni più fighe a cui ti è capitato di assistere o quelle in cui torni più volentieri?

In tutta Europa credo che il miglior locale di sempre sia il VERA a Groningen in Olanda. Un posto storico, credo che esista da ormai 50/60 anni e fanno concerti da almeno 40 anni. Tutti i grandi artisti sono passati al VERA, quel posto è un museo della musica mondiale!

13) Per quanti soldi accetteresti di fare guidare il Gordon a John Terrible?

Il mio furgone lo guido solo io, l’unica persona che può guidarlo è mio padre.

14) Un consiglio che ti sentiresti di dare ad un* giovane che vorrebbe intraprendere il tuo stesso percorso?

Non saprei che consiglio dare sinceramente, forse solo aver passione per la musica: come ogni lavoro, ci sono giorni di merda in cui vorresti mandare tutti al diavolo, ma probabilmente uno dei motivi per il quale continuo a fare questo lavoro è che non è lo percepisco come un lavoro d’ufficio qualunque, puoi organizzare i tuoi tempi e nutrire altre passioni.

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“LFOFI” – Il nuovo progetto di Julien Papen

"LFOFI" - Il nuovo progetto di Julien Papen

Come si dice qui "vola bas e schiva i sas"

Julien Papen è tornato. Non è mai andato via in realtà. E’ ancora impresso nella nostra memoria dalla prima edizione del Metapalooza. Da allora il magut di Lugano ha suonato con innumerovoli altre band che abbiamo smesso di contare dopo la quarta. D’obbligo nominare i Leopardo passati dal Lio Bare per un WWDIS un martedì sera del 2019

LFOFI è il progetto con cui inaugura la Magut Records:

”LFOFI is the doggo from Lugano, Switzerland.
Without a thought, he began this enchanted journey towards
punk-dimerda music.
These are the first 4 tracks available in free download for the joy of your computer memory.
Rotten and stoned sound self-produced from the cave.
May the Lord be with you.

 

 

Magüt Records è una nuova etichetta discografica indipendente, focalizzata a sostenere la musica lo-fi, underground. Come si dice qui “vola bas e schiva i sas”!

Magüt sta per “manovale”. Lo usiamo quando qualcuno sta facendo qualcosa, un’ azione/lavoro alla cazzo di cane!

A dare vita alla Record Label è LFOFI, con l’EP “Talking shit” di 4 tracce. Un nuovo progetto synth punk, voce disturbata e ululati molesti. Auto prodotto qui sulle rive del lago di Lugano (CH) nella MAGÜT-CAVERNA dello Spazio Morel.

LFOFI “Talking shit” esce oggi in free download.

Scaricalo e condividilo con la persona che ami!

Biweekly#3

Tive

LETTERA DAL GIAPPONE

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Le storie di papà Marcello

Le storie di papà Marcello

Un buon punk-rocker non molla così facilmente. A dire il vero non ha mollato proprio un cazzo

Marcellone, o come si faceva chiamare all’epoca dell’intervista “Violenzo Psichedelico“, è l’uomo conosciuto nel giro come il cantante di Meteopatics prima e dei Magic Cigarettes poi, senza contare i suoi altri innumerevoli progetti, come i Loyal Wankers, in cui suonava la batteria, e i Goofy and the Goofers con i fratelli Omezzoli. Anni e anni passati a suonare a destra e manca, ma non solo; promoter praticamente di tutti i concerti garage/punk/psych del Trentino, ha ospitato un botto di band provenienti da qualsiasi parte del mondo. 

Il tempo passa, il buon Violenzo torna ad essere Marcello e mette su famiglia. Ma un buon punk-rocker non molla così facilmente: a dire il vero non ha mollato proprio per un cazzo! Quando non bada alla sua bimba, Marcello tiene numerosi djset nei locali della zona e, di tanto in tanto, riappare con qualche nuovo progetto sempre più malato. 

Anni fa gli chiesi di scrivere un articolo per il team di Super Stanzy. Ci rispose: “Certo! posso scrivere di quello che voglio?” Yes, YOU can! Non avevamo idea di cosa sarebbe ci sarebbe arrivato. Il risultato è questa esilarante raccolta di strampalate storielle da lui vissute in questi anni, passati a bookkare band e a suonare in giro. Abbiamo tenuto da parte questo articolo come un cimelio per anni, come il vestito della domenica, quello “per le grandi occasioni”, ma non avevamo più voglia di aspettare e quale migliore occasione di sfoggiarlo se non su un sito nuovo di zecca? Vi starete chiedendo perché non abbiamo deciso di pubblicarlo nel primo numero del Biweekly. La verità è che siamo dei cazzoni e non lo sappiamo neanche noi, ma il #2 non vuol dire meno importante, oh!

Un giovane Marcello quando ancora era gabber

#ingratitudine Dopo lunghe pressioni e grazie al prezioso aiuto di un marugo rivano, riuscimmo ad accontentare il cantante dei Fuck Knights . Quando finalmente si trovò di fronte alla sua coca, scoppiò a ridere dicendo che era poca e faceva cagare. Stronzo.

#magari Sulla scheda tecnica dei californiani Froth, una delle richieste, oltre a legittimi pasti vegetariani, era “5 grams of marijuana”. No, Froth, no.

#genitoque Gli Holy Wave hanno suonato per caso alla festa di chiusura del Lochness, in una delle ultime date di un lungo tour europeo. Era un Lunedì ed i ragazzi si sarebbero dovuti svegliare presto per affrontare una trasferta di 10 ore di guida verso Praga. Dopo il concerto li accompagnai dunque a dormire a casa dei miei, in quel momento in ferie non so dove. Abbiamo riso, scherzato, mangiato pizze surgelate e fumato, ma poi volevo tornare alla festa di chiusura del Lochness, piezz’e’core. E niente, li lasciai a casa dei miei, ma prima di uscire, li guardai accigliato e serio ed esclamai: “BEHAVE!”. Quando tornai alle 6 di mattina mangiai tutte le olive nel frigo e crollai al suolo: mi svegliai e loro erano già partiti, lasciandomi un simpatico saluto sul cartone di una delle pizze mangiate la notte prima: i miei ancora non sanno che 7 americani zozzi hanno dormito nel loro letto e io sono stato così stronzo da non cambiare nemmeno le lenzuola.

#cactus Dopo il concerto degli Antares al Lochness, a casa di amici ci offrirono dei ghiaccioli al peyote: non facevano un cazzo.

#newswears Dipingere i muri dell’Angolo dei 33 di vomito: lo puoi fare se sei un canadese di 22 anni in tour per la prima volta in Europa e la grappa è una pericolosa e gioiosa novità.

#furti Una ragazza della band inglese Dignan Porch ci inculò due paia di forbicine dal bagno di casa. Vigliacca. Il bassista era simpatico, un folletto coi capelli rossi e la barba che faceva grosse nuvole di fumo con la sua sigaretta elettronica e parlava l’inglese dei boschi, a me incomprensibile, ma gli altri erano dei veri stronzi snob. Abbasso l’Inghilterra.

#ebreinerasmus A casa mia, a tarda sera, dopo il concerto dei Weird Omen ci stavamo raccontando delle barzellette, ma di punto in bianco ci trovammo in una situazione vagamente imbarazzante: in sostanza, né io né i ragazzi della band ci fidavamo a dare il colpo di grazia alla serata con delle belle, ma scorrettissime, barzellette sugli ebrei. Alla fine sbloccai di prepotenza la situazione raccontandone una micidiale sui ne#ri che avevo sentito dal mio vicino di stanza americano in Erasmus. Parte come un fake: “ah-ah belle le barzellette sugli ebrei, ma per cortesia non raccontatene sui neri, ne ho alcuni nel mio albero genealogico” e finisce così: “Stanno ancora penzolando”. Non vi dico le risate e i cinque alti, da lì in poi fu ancora più uno spasso.

#situazionepettinata Fabrizio Canale, mentre suonava e cantava all’inaugurazione di un negozio di articoli sportivi a Trento, si sporse verso di me a bordo palco e mi sussurrò preoccupato: “Si può parlare di droga???”. No, Fabrizio, no.

#paraolimpiadi Dopo il concerto dei Babamandub ai Sabbioni mi fecero assaggiare lo Zanardi. “Devi berne al massimo due, sennò ti sega le gambe”. Ahah che ridere. Ne bevvi tre e mi svegliai alle 6 di mattina tramortito sul prato della spiaggia con la faccia piena di fili d’erba.

#wunderbar E quando Uncle Shit in piazza Catena a Riva ha suonato per due volte di fila la sua hit al fulmicotone “Minchia” davanti ad una platea di anziani turisti tedeschi incuriositi?

#iraq Leggendarie le foto sul tetto di casa mia con gli americani Liquor Store. Il cantante si chiamava Sarim, un monociglio nasone simpaticissimo di origine irachena. I genitori erano scappati da Saddam negli anni ’70 e avevano aperto un ristorante etnico a New York. La mafia veniva a chiedere il pizzo per i rifiuti, ma il padre non voleva pagare. I netturbini dunque smisero di portare via la spazzatura del locale fino a che il poveraccio si convinse a pagare. Prima di andare Sarim mi chiese “was Garibaldi an asshole?” Ho detto di sì, poi tutti mi hanno mostrato il loro tatuaggio sul New Jersey che si erano fatti e mi hanno regalato un assurdo dvd splatter punk che guardo ancora regolarmente.

 

Sarim dei Liquor Store mentre sta per aggredire Marcello
Liquor Store e Marcello appogiato al corrimano

#voulezvoussplitup Dopo un concerto semivuoto all’Angolo dei 33 con i punk rockers francesi Flying Over andammo a casa mia e ci misimo a fumare intorno al tavolo della cucina. Dopo 5 minuti di discussione seria in francese di cui non capii nulla si girarono verso di me e dissero “abbiamo deciso di scioglierci”. Mi sentii davvero in colpa, poi scoprii che non era vero.

#èbuonoqui Seba degli Horrible Snack a Mandrea aveva 15 anni, di sicuro non l’età legale per bere alcolici (e sorprendentemente di sua volontà ancora oggi non ne beve). Quella sera si girò verso di me con la sua bottiglietta di esta-thè in mano e disse: “se ci pensi bene…il the freddo è la birra dei bambini”, fece un sorso sicuro di sé e se ne andò spavaldo. 

#truth Al concerto dei Dots, per una serie fortuita di avvenimenti, è accadde che Gara inciampò coi piedi nell’asta del microfono, scagliandola in testa a Gioele grazie ad un fulmineo, devastante e irripetibile effetto catapulta. Il top lo si raggiunse, però, con la perla esistenziale e indimenticabile che sempre Gara sganciò nel bel mezzo del concerto: “Sapete qual è la cosa più importante nella vita?” Le risposte scontate si sprecarono, ma la replica fu: “No…essere vivi!”

Biweekly#2

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