
Vasco Inzoli e la vera storia di Vic Vinavyl
Il punk è come le uova: ha una forma perfetta benché sia fatto col culo
Premessa: è il 7 dicembre 2016 e ci troviamo a Castel Goffredo in provincia di Mantova. Ci sono 2 kebab in paese. Tentiamo con entrambi. Il primo, dopo averci dato false speranze, declina l’offerta guadagnandosi l’appellativo di kebabrutto. Il secondo siamo bravi a convincerlo e decide di lasciarci carta bianca per organizzare una “festa di compleanno” (vecchia tattica ma che funziona spesso). Da quel momento in poi sarà da noi soprannominato kebabello. Ci accordiamo per una data a venire e passano all’incirca 3 settimane. Arriva il giorno. Sono le 18.30, i primi clienti stanno arrivando e noi ci accostiamo con il furgone davanti all’entrata. Cominciamo a scaricare e ad entrare con amplificatori, casse, testate, monitor, chitarre, batteria, mixer ecc. Le facce dei gestori non sono delle più accoglienti. Quando si vedono vagonate di roba entrare dalla porta capiscono che forse non era quello che si aspettavano. Ahmed sembra contrariato e continua a seguire con lo sguardo tutta la roba che gli sta passando davanti al bancone. Vorrebbe poter fare qualcosa, ma è troppo tardi, stiamo montando tutto in fretta e furia e i clienti vogliono ordinare. Fosse stato un orario meno affollato sarebbe potuto saltare tutto, ma il nostro tempismo è decisivo. Nel giro di un’oretta è tutto preparato a puntino. Decidiamo di evitare il soundcheck. È meglio che non si rendano conto del bordello che faremo più tardi. Di lì a poco avrebbero infuocato il kebab i Dots (con la vecchia formazione a 5) e gli Yonic South.
Wilson (Yonic South/Damianals/BBS)
Surreale! La saletta era affollatissima per le sue dimensioni. I tavoli sono stati accatastati contro la vetrina delle celle frigo. C’era una tv appesa sulla parete opposta con un programma della D’Urso in onda. I ragazzi del paese passavano dentro a vedere cosa sta succedendo. Ci sono ragazzine tutte tirate con i tacchi e gli indiani ubriachi che commentano e fanno complimenti imbarazzanti. C’era un tizio del kebab il cui unico compito è aprire il frigo e stappare le bottiglie. Gli svuotiamo il frigo 2/3 volte. Erano tutti super carichi e perfino i kebabbari vengono a ballare e a far baldoria. A fine serata mi si avvicinò un assiduo cliente visibilmente alticcio e mi disse: “adesso noi fare musica tutti venerdì!”.
Gara (Dots)
“Allora… ci metti cipolla… salsa yogurt… piccante…”
– “PATATINE LE METTO?”
– “No grazie… poi metti un po’ di YONIC SOUTH e un po’ di DOTS, non troppi però”
– “OK, DA BERE?”
– “duecento moretti da 66 grazie, le devo bere e rompere per terra”.
È un po’ questo il mio riassunto di uno dei concerti di cui vado più fiero. 8 metri quadri di puro delirio superpussy, in cui abbiamo avuto l’onore di spaccare i timpani ai nostri compagni di stanza, alla faccia delle altre cinquanta persone che fisicamente non potevano entrare ma che hanno mangiato, bevuto e sudato nel nome del rock e del dio kebab. Una serata di sapori, odori, umori e frasi che mai potrò dimenticare. Come disse il vecchio saggio che apparve ad un buon Luca Orzi in crisi mistica sulla strada per il cesso: “quando si beve di birra, subito pisciare”.
Dam (Damianals)
Venivo da un periodo in cui avevo bisogno di ritrovare le mie vere radici, senza per questo cadere all’indietro. Così cominciai a guardare dentro l’oblò del piccolo ma ben corazzato sottomarino della musica underground, per vedere cosa si muoveva e cosa era cambiato da quando avevo cominciato a viverlo solo da spettatore. Ebbene, dentro l’oblò vidi un kebabbaro fare bodysurf e schiantarsi contro il frigo delle birre a 2 euro. La situazione non poteva non esaltarmi, era il periodo in cui stavamo anche pensando di formare i Damianals, se non ricordo male. Io ci vidi la voglia di cercare l’esodo verso il possibile per fuggire dall’impossibile. Super Stanzy è quella stanzetta che non si qualifica per l’essere piccola, ma per il fatto che non ci eravamo ancora entrati. E quando scopri che di stanzette è pieno, vedi che sono tutt’altro che piccole, perché sono stanzette in cui non si entra, ma da cui si esce. Certo il grande club di concerti è il palco su cui sarebbe meglio suonare, ma la platea del kebabbaro è quella per cui bisogna suonare! Ovviamente, i gruppi spaccavano in tutti i sensi, conta dirlo? Il verbo “contare” non è casuale, cosa conta contare? Eravamo cinque, quaranta, centoventidue o tremila? Non è dal kebabbaro che si va per far le pulci alla band, dal kebabbaro si va sapendo già che la band spaccherà perché a spaccare sarà la situazione. Il luogo in sé è ovviamente carico di simbolismo, ma portatore di questo stile è Super Stanzy, non la salsa piccante. La percezione del “picante”, infatti, sebbene esista la Scala di Scoville per misurarla attraverso le parti di capsaicina recepite dalle papille, dipende dalla sensibilità del soggetto. È un fenomeno dimostrato, però, che per quanto voi possiate dire “senza piccante”, “poco piccante”, “normale” o “molto piccante”, il kebab picca sempre allo stesso modo. Eppure, la sua piccantezza non è la stessa per tutti. E così è per Super Stanzy: se siete dei Super Stanzy fluid *guys, ve ne renderete conto perché la situazione dei What We Do Is picca sempre a un livello altissimo. Se non l’avete mai sentita piccare, potete andare ai Coronavirus-live, dove bisogna stare alla distanza di sicurezza consentita per non contagiarsi: tale distanza è esattamente la lunghezza del braccio per fare le foto col telefono, i virus non c’entrano. La folla dei What We Do Is invece è sconfinata: non avendo distanze, è anche indistinguibile. Assume la stessa forma del rotolo del kebab e non smette mai di girare e andare a fuoco.
Tegi (Dots)
Quando entrai e vidi girare solo birre da 66 capii subito che era una cosa seria.
L’odore di cipolla fritta mi aveva completamente avvolto in meno di 5 nanosecondi.
Ero molto felice pensando al fatto che potevo scoreggiare all night long senza dare troppo nell’occhio.
I ragazzi si fumavano le cannette sull’uscio senza dare troppo nell’occhio.
“Pizza al volo kebab“ era la location [non è vero, quello è kebabrutto, ma è legittimato a mescolare i ricordi con le salse piccanti e le sostanze che preferisce, ndr].
Pensai che fosse il nome più confusionale della storia mentre cercavo anche di spiegarmi perché dietro al bancone si trovasse una stanza che “Casablanca spostati“, con quelle magiche luci forse prese alla Lidl che andavano e venivano a non-tempo di musica.
Un botto di bella gente.
Sottofondo hip hop sparato dal Pulce coi vinili sporchi di unto kebabbosoh.
Quella sera i Dots hanno suonato forte, quasi come l’onda d’urto delle scurregge speziate che c’era inside.
Poi Yonic South, chiedendosi perché avendo organizzato un cazzo di concerto illegale dai paki gli sbirri non fossero ancora arrivati, alzarono ancora di più il gain.
Delirio.
Il resto è epico e non si può raccontare.
Chi c’era sa di cosa sto parlando.
Più che altro non ricordo un cazzo.
Stay kebab.
Perthe (Yonic South)
Festone. Un party finito su tutti i Pakigram dei kebabbari del Kebabbello, che ci hanno concesso il loro tempio per un “compleanno” della Madonna Ciccone.
Il cavatappi appeso al frigo delle birrozze da 666 cl era consumato, come il rasoio per pelare il KEBAB.
La situazione era piuttosto sudata, ma niente paura, tutto faceva salsa.
Carte di Twix facevano da tappeto ad una scena veramente eccitante: i Dots, sudati e con ancora il boccone di kebab in gola, stavano tenendo vivo il fuoco che ardeva il Kebab. È stata la prima volta che vidi un live dei Dots, avevo tentato di andarli a vedere altre volte, ma arrivando poi sempre in ritardo; però ammetto che questo è stato forse il modo migliore per la “prima volta”.
Il mio live con gli Yonic South non lo ricordo bene, ma per fortuna Mr. ZebraSalto ha documentato l’accaduto e quindi ho un’idea abbastanza vaga dell’incontro di Wrestling che è stato.
Il punk è come le uova: ha una forma perfetta benché sia fatto col culo
Questa è la maxi storia di come la nostra vita è cambiata capovolta sottosopra sia finita
E’ tornata la band più gabber che ci sia.