
Brown Barcella - Il signore dei pomelli
L’unica cosa di cui sono certo è che prima di iniziare a lavorare con questi tre elementi avevo una marea di capelli e un fisico scolpito!
Brown Barcella è colui che si nasconde dietro il mixer del TUP Studio di Brescia che condivide con Alessio Lonati da quasi 10 anni. Probabile che abbiate intravisto il suo faccino in console in qualche serata bresciana o in qualità di fonico magari in Base a Palazzolo o al Lio Bar. A 13 anni inizia suonando la batteria con il fratellone Franz che lo introduce al mondo del punk rock. Si fa le ossa in qualche gruppetto locale, passando per gli Snazzy Boys e finendo con i Miss Chain & the Broken Heels con cui intraprende vari tour in America e in Europa e con cui registra tre album usciti per Burger Records e Bachelor Records.
Brown, raccontaci come ti sei appassionato alla musica. Tuo fratello Franz (Wild Honey rcd, Otis Tour, Miss Chain & the broken heels) immagino ti abbia influnzato tantantissimo. Quali erano i tuoi primi ascolti e come hai deciso di suonare la batteria?
Sinceramente, non ricordo bene com’è andata, ma dopo aver ascoltato un sacco di stronzate da bambino (eccetto gli 883 e le Spice Girls ovviamente) mi sono ritrovato con Dookie e Rocket to Russia masterizzati da Franz e da li è partito un po’ tutto. Ovviamente in quegli anni tutti i suoi ascolti mi hanno influenzato molto. Onestamente non ricordo nemmeno perché sia finito a suonare la batteria! Probabilmente ne ero affascinato e quando un amico di Franz ha deciso di vendere la sua ha convinto i miei a regalarmela.
Quando hai iniziato a fare le facce mentre suoni? La battuta più cattiva che t’abbiano mai fatto?
Quando ho capito di essere un pessimo batterista ho convinto un sacco di persone di saper suonare bene distraendoli con le facce, ogni tanto funziona ancora! La battute più cattive sono da parte di quelli che vorrebbero farmi credere che sto perdendo i capelli anche se non è vero.
Tu e Franz avete parecchi anni di differenza. Pensi che ai tempi (e parlo dei primi in cui iniziasti a suonare) questa differenza anagrafica si sentisse negli ascolti o nel modo di approcciarsi alla musica? Capitava mai di avere discussioni sui gusti musicali?
Beh, quando io avevo 13 anni e lui 20 ascoltavo un sacco di punk bruttino che lui aveva ascoltato alla mia età e che, giustamente, aveva completamente abbandonato. Grazie a lui però ho iniziato ad ascoltare musica migliore molto presto, intorno ai 15 anni.
Ultimamente sono di manica larga quindi riesco a vedere del bello un po’ ovunque. Sicuramente Franz regge meglio di me un sacco di pop punk e punk rock ispirato ai primi anni 90. Credo invece che a lui non piaccia tutta l’ondata di roba indie rock degli ultimi 20 anni o la musica Psichedelica o pseudo-psichedelica, sia di nuova che di vecchia generazione; tra tutti direi: Arctic Monkeys, Tame Impala, MGMT, Cage the Elephant, The War On Drugs, Miles Kane etc…
Tra i tuoi primi gruppi ricordo su tutti gli Snazzy Boys. Cosa facevate? E’ rimasto qualcuno che attualmente ha ancora a che fare con musica o gli unici disperati siete rimasti tu e Mafe?
Il mio primo gruppo si chiamava Tv Lobotomies: dopo 1000 cambi di formazione, nel giro di pochi mesi abbiamo trovato una quadra in cui io cantavo e suonavo la batteria con altri 2 amici. Suonavamo prevalentemente cover dei Ramones e dei Misfits, ma abbiamo fatto anche una demo con dei pezzi originali che ci aveva scritto Davide Speciani dei Volkov: una volta si poteva ascoltare su myspace, chissà se c’è ancora. Avevamo anche registrato “Saturday Night” dei Misfits molto prima che i Riccobellis la rendessero una canzone cool!
Gli Snazzy Boys li ho conosciuti quando avevo 16 anni credo, venivano a provarci con le mie amiche al pub del paese. Mafe aveva il logo dei Boys (la band inglese, non quelli dell’Inter) sul retro del giubbino di pelle, perciò abbiamo iniziato subito a parlare di musica e da lì a poco sono diventato il loro batterista per ovvie affinità musicali.
Abbiamo fatto due 7” per l’etichetta di Gigi Rubagotti (Rijapov Records), che non abbiamo mai ringraziato abbastanza, un disco e, nel mezzo, una marea di date in Europa, quasi tutte aperture a band punk rock cult (Kids, Tv Smith, Damned, Briefs, Marked Man… )
Credo che solo Mafe suoni al momento. A differenza mia e sua gli altri hanno fatto carriera..

Com’era suonare in quegli anni? C’erano molte più band e molti più locali come si dice? Chi erano i gruppi punk rock (o comunque del giro underground) più forti allora secondo te?
Io lo ricordo come un periodo abbastanza magico, ma probabilmente è perché avevo 16/17 anni! Di certo era tutto un po’ meno studiato e organizzato di adesso, il livello delle band era più basso, ma la cosa secondo me davvero diversa era che si vedevano una marea di band americane in più, probabilmente perché erano più ben disposte a venire in Europa per molti meno soldi di adesso.
Oramai sei a casa tutto il tempo sul divano con famiglia e l’unico modo per farti uscire è prepararti un piatto di pasta e cipolle (o cipolle con pasta) alla Petra. Ai tempi mi pareva di capire che però te la giravi un bel po’. Come hai conosciuto Juju e tutta la cricca milanese?
In realtà facendo il fonico assisto dai 2 ai 5 concerti a settimana anche adesso e per fortuna, lavorando in locali fighi (anche se alcuni fanno una pasta e cipolle pesantissima, senza fare nomi e cognomi come Conte, vero Davide Petralia?) riesco ancora a vedere un sacco di band altrettanto fighe. Una volta avevo molto più tempo per girare il nord Italia a vedere le band che mi piacevano, oltre ad esserci più bisogno di farlo perché molte passavano solo in città lontane. Adesso grazie anche a Franz quasi tutto quello che vale la pena vedere passa anche da Bergamo!
Juju (Alphalib, Any Other, Marco Giudici) l’ho conosciuto perché lui e le sue band dell’epoca (Industries e Assyrians) frequentavano una serata di Bergamo dove mettevo dischi (we are the gang) e ci si vedeva spesso: in quegli anni studiavo a Milano in una scuola per tecnici audio e andavo a molte serata in città.
Se non sbaglio è sempre in quel periodo che cominciasti a fare le prime registrazioni e i primi esperimenti. Ricordo questo video di te con un tascam (?) che registri questa band in un garage con un tizio che non riesce a cantare una frase e la ripete per un botto di volte. Cosa ti ha spinto a metterti a registrare? Chi sono le prime band che hai registrato? Immaginavi sarebbe diventato il tuo lavoro? Sono anche mega curioso di sapere che strumentazione usavi…
Sì, esatto, quando registrammo i vari dischi e singoli dei Miss Chain e degli Snazzy Boys rimasi folgorato da tutto il processo quindi, finite le superiori, ho deciso di frequentare dei corsi a Milano e di comprare un registratore 8 tracce a cassetta (Yamaha MT8X) con il quale ho registrato svariate band garage milanesi di quegli anni nella lavanderia di casa (Industries, Assyrians, Vomit Tongues…)
Ovviamente ho fatto di tutto perché diventasse il mio lavoro. E’ una di quelle cose che richiede talmente tanti sacrifici e sbattimenti che non può succedere troppo per caso.
Raccontaci com’è stata con i Miss Chain. Tu e Franz conoscevate già Astrid e Silva? Com’era andare in tour con loro? L’America, La Burger Records…dicci di più!
Sia io che Franz conoscevamo Astrid già da qualche anno, gli Snazzy Boys e le Nasties suonavano spesso insieme e quando Astrid si è messa a scrivere pezzi più pop e cercava una band con cui suonarli dal vivo ci siamo proposti. Silva era già amico di Astrid, lo abbiamo conosciuto alla prima prova; con loro negli anni ho registrato 2 singoli e 2 album.
I tour poi erano mitici: dopo 8 mesi dalla nascita della band eravamo già in America (grazie a Richie Parsons degli Unnatural Axe che ci ha voluto al loro trentennale a Boston) e nel giro di qualche anno ci siamo tornati altre 2 volte e abbiamo girato in lungo e in largo tutta l’Europa.
Con la Burger invece è stato tutto molto easy: Astrid era da anni amica di Sean e quando ha fondato la Burger le ha chiesto se volesse/volessimo fare una cassetta per loro. L’hype per l’etichetta è avvenuto un annetto dopo; per Burger sono usciti in cassetta entrambi i dischi di Miss Chain, è stato molto bello suonare nel loro negozio di Fullerton, il posto è davvero bellissimo!

Dopo aver lasciato i Miss Chain so che hai fatto alcuni tour con Nikki Corvette. Come si è presentata questa occasione? E’ vero che vi era stato proposto di fare un tour in Giappone?
Si, in realtà è successo mentre facevo ancora parte dei Miss Chain: a Nikki Corvette serviva una band per fare un tour in Europa e io e Franz ci siamo proposti come backing band coinvolgendo Hervè dei Peawees. Con il nome Nikki Corvette and the Romeos abbiamo fatto 2 tour europei e abbiamo suonato ad alcuni dei nostri festival europei preferiti (Funtastic Dracula Carnival, Purple Weekend e Punk Rock Raduno), oltre ad aver fatto uscire un singolo molto bello scritto da Hervè e un altro inedito per la compilation del Punk Rock Raduno. Da anni stiamo lavorando ad un disco di inediti anche se purtroppo i vari impegni di tutti rendono difficile finirlo.
Ho un vuoto incolmabile tra quelle che erano le registrazioni nel garage e l’arrivo al TUP Studio. Raccontaci qualche aneddoto dei primi tempi, tipo di quando sei stato preso a parole (‘essere presi a parole’ in italiano significa essere sgridati) da Stefano Moretti.
Mentre studiavo a Milano e registravo le band nella famosa lavanderia frequentavo assiduamente il Lio Bar, soprattutto di Martedì, il giorno destinato al mare di band fighe portate da Franz e Simone Riccobelli in quegli anni: è stato così che ho conosciuto Stefano Moretti, all’epoca il fonico del locale; un giorno mi ha chiesto se volessi fare da assistente al TUP, uno studio di registrazione dove lui lavorava già con Pierluigi Ballarin, perciò da lì a poco sono diventato uno dei loro soci. Stefano in seguito ha deciso di andare a vivere a Berlino, Pier invece qualche anno dopo si è trasferito a Bologna. Attualmente ci lavoriamo io e Alessio Lonati, che prese quasi subito il posto di Stefano e con il quale condivido lo studio ormai da quasi 10 anni.
L’episodio a cui ti riferisci è successo durante la registrazione della cover di Anarchy in the UK dei Pink Holy Days: Stefano era entrato molto nella parte ed io ero molto lento a cambiare le varie playlist. Questa combo ha generato molte urla tra una take e l’altra! (ovviamente tutto in amicizia, nessuno era davvero incazzato)
Com’è cambiato il tuo approccio passando da degli scassoni lofi a dei mixer e rack coi controcaxxi?
E’ stata abbastanza dura perché con l’8 tracce a cassetta suona tutto molto bene: basta piazzare decentemente il microfono e a tutto il resto ci pensa lui (compressione, eq etc…), il limite è che non puoi andare oltre il Lo Fi (che non vuol dire per forza che suoni male, distorto o distrutto). Le macchine più “belle”, invece, bisogna imparare a conoscerle, altrimenti rischi di fare delle grandi porcate, anche se in realtà, una volta che ci sai mettere le mani (e ci vogliono un bel po’ di anni per sentire bene le varie sfumature, ancora oggi imparo qualcosa da ogni disco che faccio), hai infinite possibilità.
I dischi più belli che hai prodotto?
Be Bop Palooza dei Bee Bee Sea, il loro nuovo disco che dovrà uscire in autunno e i nuovi dischi di Peawees e Faz Waltz (rispettivamente Moving Target e Rebel Kicks). Un altro paio di dischi a cui sono molto affezionato, registrati ma non prodotti personalmente, sono Confetti on the floor degli Apers e All is well dei Manges.
Un disco bello che non si è inculato nessuno?
Back on Mondo di Faz Waltz: non è che non se lo è inculato nessuno, ma tra tutti i dischi che ho fatto con loro forse è stato quello un po’ meno considerato, ma che secondo me invece ha dei pezzi davvero molto belli!
Un disco a cui non davi due lire e che invece ha avuto un bel riscontro?
Qualsiasi fatta dai Bee Bee Sea; ogni volta dico: “Basta, ormai stanno raschiando il fondo del barile, la gente si accorgerà che è tutta una grande truffa” e invece ad ogni uscita vanno sempre meglio.
Con chi è più difficile lavorare? Faz (Faz Waltz), Herve (The Peawees) o Wilson (BBS)?
Diciamo che sono un po’ come quella storia della bionda, la mora e la rossa: ognuno di loro ti colpisce e stupisce a modo suo. L’unica cosa di cui sono certo è che prima di iniziare a lavorare con questi tre elementi avevo una marea di capelli e un fisico scolpito!

Dato che dai The Neigers ai Bee Bee Sea hai registrato tutta la discografia del gruppo, giochiamo in casa e ti facciamo un po’ di domande in proposito. Come hai vissuto i cambiamenti da disco a disco? Ti aspettavi che la band prendesse direzioni diverse rispetto a quelle intraprese? Qual è il tuo disco preferito? E il pezzo? Onna suonerà mai come gli dici tu? Pagi riuscirà mai a sentire la sua testata su un disco? Wilson si procurerà mai una chitarra decente per registrare? L’abbiamo fatta Doggy?
Non posso dire che mi aspettassi tutti i cambiamenti che ha subito la band nel corso degli anni, ma alla fine li ho sempre trovati molto naturali. La grande forza dei Bee Bee Sea, oltre ad avere un talento smisurato, è quella di saper ascoltare chi gli sta attorno, quindi ogni volta, prima di iniziare un disco, c’è un grosso lavoro di selezione del materiale su cui lavorare e alla fine si fanno uscire solo brani di cui si è veramente convinti.
Il disco più bello ovviamente è quello che deve ancora uscire!!!!! Sono un padre molto esigente perciò Onna non sentirà mai la sua testa sul disco, Pagi suonerà solo chitarre tremende e Wilson lasciamo stare…e cazzo ci siamo dimenticati Doggy…
E’ vero che quando la quarantena finirà ti occuperai di seguire Simone Riccobelli per il suo acustic streaming tour?
Lo streaming ormai è morto! Io e Simone stiamo organizzando una roba super per l’estate: tour drive in acustico e agli spettatori, nelle loro auto, verrà servita la pasta e cipolle di Petra… ‘nu babbà.

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