Intervista a Giovanni Costa

Risponde con 6/7 dispositivi diversi, tutti prodotti negli anni ’90 e senza riuscire a farne funzionare nemmeno uno per una buona mezz’ora

qui in una sua celebre imitazione di Marco Obertini

La fase 1 di lockdown ci ha messi a dura prova: considerando che tutti noi, aldilà dei rapporti di amicizia, abbiamo una sola ragione di vita che consiste nel suonare e stare insieme agli altri, ne abbiamo risentito non poco.

Non è il caso di Giovanni Còhta, nuovo batterista dei Damianals, già batterista di Twiddle Thumbs e percussionista degli Yonic South, perfettamente a suo agio a presentarsi online dopo 3 mesi in cui non ha avuto contatti con nessuno. L’abbiamo intervistato (a sua insaputa) e ci siamo ritrovati a parlare con Charles Manson. Risponde con 6/7 dispositivi diversi, tutti prodotti negli anni ’90 e senza riuscire a farne funzionare nemmeno uno per una buona mezz’ora e noi che non riusciamo a comprendere i suoi gesti inconsunti. Nessun microfono attivo. Poi, finalmente, si comincia.

Wilson: Come stanno le tue bottiglie di Jim Beam (il whiskey preferito di Còhta, ndr)?

Còhta risponde sollevando un bicchiere che sorseggia

Dam: C’è del rosso lì, Campari?

Còhta: No no, è aranciata.

Dam: Aranciata e Campari?

Còhta: No, non lo bevo il Campari.

Dam: Com’è possibile, scusa?

Còhta: Mi ammazza lo stomaco e la testa.

Dam: E’ il motivo per cui si beve! I litri di whiskey che ti bevi invece hanno un effetto diverso?

Còhta gira la webcam alle sue spalle e ci mostra una fila di una ventina bottiglie vuote di Jim Beam.

Dam: Sono quelle che hai bevuto in quarantena???

Còhta: Non solo, ne ho altre giù dove suono. I’m falling in love.

Mostra da vicino le bottiglie, Wilson e Dam restano per un attimo a bocca spalancata.

Wilson: Ma davvero le hai bevute tutte da Marzo?

Còhta: HO SETE. Sono fatti miei.

Dam: Bevi solo quel whiskey o anche altri?

Còhta: Sì, ma l’ho scoperto da poco, è economico e buono. Sto molto peggio se bevo tre pirli (spritz in bresciano) o il rosso degli alpini. Mi addormento, mi viene il mal di testa, mi passa la fame. Il pirlo, se proprio lo bevo, lo prendo misto (aperol e campari), mi dà meno fastidio, credo sia una questione di PH.

Wilson: Come si chiamava quella cosa che volevi farmi bere a casa tua, che dicevi che faceva tanto bene?

Còhta: Che fa bene? Non è che ho cercato di farti bere il mio sperma? Ah, forse il Kefir! È una bevanda probiotica che faccio. Devi comprarlo o fartelo passare da qualcuno (?), è tipo lievito, una colonia di batteri.

Dam: Fermenti lattici?

Còhta: Questo lo fai una volta e poi ti rimane, come il lievito, aggiungi acqua e zucchero, molto buona. Da bere sempre, aiuta l’attività dello stomaco.

Wilson: Immagino vada a compensare l’attività del Jim Beam!

Dam: Insomma il segreto è Jim Beam e sperma.

Wilson: Cosa stavi facendo prima che ti chiamassimo?

Còhta: Colazione.

Precisazione, la chiamata è partita alle ore 18.

Wilson: A che ora stai andando a letto?

Còhta: Quando HO SONNO.

Dam: Quindi potenzialmente mai.

Còhta: Ho iniziato a guardare “La casa di carta” ma mi sta già stufando.

Dam: Dopo un timido entusiasmo iniziale mi hanno detto tutti che fa schifo.

Wilson: L’unico che dice che è bellissima è il Pagi (BBS).

Proprio poche ore prima della sbobinatura di questa intervista, avvenuta qualche settimana fa, il Pagi ha usato le parole “La serie della vita”.

Wilson: Mi spieghi perché ti chiamano “Riccardone”?

Còhta: Solo per spazientirti uso tutti i tamburi che ho.

Dam: Quanti ne hai?

Còhta: 3 grancasse di misure diverse, 3 timpani e 3 tom.

Wilson: Sei mai riuscito a usarli tutti?

Còhta: Beh, con tre grancasse no!

Dam: Hai fatto un giro che comprendesse 3 tom e 3 timpani?

Còhta: Certo, ho registrato una canzone di questo tipo, con 2 grancasse “solamente” però. Si chiamava Opera. Ma l’ho persa. (per fortuna)

Dam: Ok, ma torniamo alla domanda originaria: perché ti chiamano “Riccardone”?

Còhta: Mi prendevano in giro i Freez (durante il minitour di Gennaio con i Damianals) dalle loro parti significa uno molto precisino, perché io stavo lì a sentire ogni minimo cambio di accordatura delle pelli durante il soundcheck, il rimbalzo del colpo, le pelli risonanti ecc…

Dam: Cito da Nonciclopedia – “La sindrome del Riccardone è una patologia cerebrale degenerativa che si manifesta tra musicisti e appassionati di musica con frequenza fino al 50% nell’ambito di tale tipologia di soggetti, secondo le stime dei laboratori di ricerca dell’Università di Canicattì. Tale sindrome limita progressivamente l’apertura mentale verso la musica della persona infetta, portandola ad ascoltare solo, unicamente ed esclusivamente musica ineccepibile dal punto di vista tecnico e sonoro, a prescindere da gusto estetico, originalità, inventiva, essere al passo coi tempi e capacità di intrattenere chiunque non straveda per assoli dai 5 minuti in su”.

Su un forum, Damiano cita un utente che cerca di determinare quali siano i gusti musicali di un Riccardone. 
In sostanza, l’anticristo di SuperStanzy:

Il Riccardone ama:

– tutta la musica virtuosa

– tutta la musica ben suonata e pulita (chennesò, pure il turnista che suona con la Pausini di turno)

– la musica classica

– il jazz

– la fusion

– il prog rock (eccezion fatta per i King Crimson, giudicati troppo sperimentali)

– i Pink Floyd di The Dark Side of the Moon, Wish You Were Here e quelli di Gilmour (per il suo Tocco)

– il metal iper tecnico in stile Dream Theather

– quasi tutti i guitar hero, in particolare quelli abili nello shredder, tipo Joe Satriani e Steve Vai

– l’hard rock anni ’70 (soprattutto Deep Purple, di meno invece i Black Sabbath, perché Iommi con tre note ha inventato il metal, Petrucci con tremila l’acqua calda (cit.)

– gruppi tipo Dire Straits e Queen

– gli Eagles dell’album Hotel California

– il pomp rock (Asia, Chicago, Kansas, TOTO, Styx, etc)

– l’AOR Rock (Bad Company, Boston, Foreigner, Journey, etc)

– Elio e le Storie Tese ma solo per le abilità dei musicisti

Il Riccardone detesta:

– il garage rock

– il punk (“sono sempre gli stessi tre accordi…” è il suo ritornello preferito insieme a “i musicisti punk non sanno suonare”)

– la new wave

– il grunge (i Nirvana sono il Male assoluto)

– l’alternative rock in generale

– l’indie rock

– il britpop

– Bob Dylan e Lou Reed, perché non sanno cantare (e tanto meno suonare)

– il rock acido e psichedelico

– i Pink Floyd pre The Dark Side of the Moon, in particolare quelli di Barrett

– il rock con intenti più o meno sperimentali

– la musica d’avanguardia

– il free jazz e altre sperimentazioni varie

– il metal estremo

– tutta la musica nera (blues, soul, rap, reggae, etc), escluso il jazz per la tecnica dei musicisti

– il funk

– l’hip-hop

– tutta l’elettronica

– tutta la musica dance

Còhta: Io pensavo potesse riferirsi anche alla vita di tutti i giorni però, non solo alla musica. Comunque è una cosa con cui combatto tutti i giorni (lo dice solo per non rischiare il licenziamento da tutte le band in cui suona) se mi impegno molto, nel profondo riesco anche ad ascoltare due minuti di batterie fatte da Wilson (che continua ad essere convinto di fare il batterista) e ad apprezzarle.

Wilson: Tipo quella di “Tell me why” degli Yonic South, l’hai sentita?

Còhta: Ti do la mia benedizione di Riccardone.

Dam: Però tu ai Freez se non ricordo male avevi risposto, quando ti avevano dato del Riccardone. Ti ricordi che hanno fatto le prime date con un batterista, ma poi è arrivato il loro vero batterista?

Còhta: Certo, era più bravo il primo!

Dam: Ma tu gliel’hai detto in faccia!

Còhta: Così imparano! (Risata) Ora che mi ci fai pensare sono quelle frasi che ti rendi conto, dopo, che sarebbe meglio non averle dette. (altra risata)

Wilson: Dai, ti sei salvato perché almeno a uno dei due hai fatto un complimento.

Còhta: Beh ma io l’ho detto solo a lui, tra l’altro in dialetto, “Te se po brao te”. Era più groovy. A Verona ho suonato col loro set, senza tom, per loro era meglio così e in effetti sono d’accordo che se la batteria non è ottima e nemmeno l’acustica, meno roba usi meglio è.

Un giovane Costa alle prese con cajòn e tamburello

Wilson: Tu hai sempre suonato così, anche prima dei Twiddle Thumbs?

Còhta: Riascoltavo proprio ieri una canzone del mio vecchio gruppo, i Barabonzibonzibo. Eravamo amici e soprattutto suonavamo molto in giro, perché non era proprio il mio genere, diciamo che me lo sono fatto andare bene. Facevamo Gipsy, tipo i Gogol Bordello.

Dam: Quella era la tua prima band?

Còhta: No, con la mia prima band facevamo alternative rock, tutti appassionati di anni ’90.

Wilson: Verdena, Nirvana?

Còhta: Mah, agli altri piacevano più che altro i Pearl Jam.

Dam: Facci una cronologia delle tue band.

Còhta: I primi si chiamavano Fiascodivino, tanti anni fa. Appena dopo avermi mollato aprirono per i Marta Sui Tubi, che all’epoca ascoltavo molto, quindi mi incazzai.

Wilson: Palco principale della Festa di Radio Onda d’Urto?

Còhta: No, ho suonato parecchie volte alla festa, ma mai sul palco principale.

Dam: Che età avevi con i Fiascodivino dunque?

Wilson: A che età hai iniziato a suonare?

Còhta: MA MI STATE FACENDO UN’INTERVISTA?

Risata generale

Còhta: Ho iniziato molto tardi, ho preso lezioni in prima superiore.

Dam: Perché dici tardi?

Wilson: Non è tardi, certo, non come chi inizia il conservatorio a 7 anni.

Còhta: Però in quel periodo non suonavo con quelli bravi, perché erano un po’ più avanti…

Dam: Ok, magari uno alle scuole medie prende lezioni, però non è che formi una band alle scuole elementari… di solito è sempre nell’adolescenza, alle scuole superiori, che iniziano quegli esperimenti, no?

Còhta: Sì è vero, però nel mio primo gruppo di amici loro erano più avanti e quindi avevano un altro batterista, io stavo sempre lì a guardare.

Dam: A cercare di fargli le scarpe.

Còhta: No dai, è che all’inizio prendevo lezioni ed ero molto accademico, non avevo quel tipo di spinta a formare una band. Il mio insegnante era bravissimo ma anche molto dogmatico. Qualche anno dopo invece sono andato da un altro insegnante che era l’esatto opposto, quasi metafisico. Lì per lì comunque a me interessava solo suonare come Dave Grohl. Comunque dopo un anno di lezioni ho chiesto che mi comprassero la batteria, ma non l’ho avuta, e quindi ho smesso di andarci, ma ho continuato a suonare sulle seggiole! Poi, dopo due o tre anni, ho ricominciato. Ora che mi viene in mente ho cominciato con dei bonghi di mio zio, ma non mi ero resoconto che fossero dei soprammobili di ceramica. Così dopo un po’ si sono distrutti.

Wilson: Tuo zio come l’ha presa?

Dam: Sicuro non gli ha comprato la batteria…

Còhta: No, ma l’altro zio mi ha costruito delle bacchette con del legno di montagna, ma il primo era giovane, studiava e io nel mentre continuavo a battere con le mie nuove bacchette su sedie e tavoli, così un giorno me le ha nascoste e non me le ha mai più ridate. Non mi ha mai più detto dove le avesse messe. Qualche anno fa mi è tornata in mente questa cosa e mi sono chiesto dove diavolo potessero essere. Neanche lui si ricordava più. Poi all’improvviso le ho ritrovate nella scatola della saldatrice. Le ho ancora, ovviamente non le uso, erano proprio dei rami scolpiti col coltellino.

Wilson: La leggenda vuole che anche Dave Grohl abbia cominciato così.

Còhta: Boh, ma tutti hanno iniziato così. Prendi dei pezzi di legno e batti da qualche parte. Ho avuto anche una batteria elettronica, ma l’ho spaccata tutta: come Dave Grohl, ci suonavo con le bacchette al contrario.

Wilson: Da chi era formato il nucleo originario dei Twiddle Thumbs?

Còhta: Prima di me suonava Marco Alliegro con loro…

[Cominciano a sentirsi rumori strani dalla finestra di Wilson]

Còhta: …poi mi ha chiamato Accursio dicendomi che cercavano un batterista, io pensavo che ci suonasse anche lui.

Dopo qualche minuto di scambio tecnico, Còhta dice: “Ma hai i guanti?” Non si capisce con chi stia parlando e quindi precisa “Dico a te Damiano”. Passano altri minuti e dice “Ma sei diventato sguercio?” – Ma chi? “No no, dico a te Damiano”.

Wilson: Còhta, ti stiamo facendo un’intervista.

Còhta: COME?!

Si sentono delle urla dalla finestra di Wilson.

Wilson: Era mia madre, ha detto che è pronta cena (Sono le 18.50)

Dam: Ma come? Se mi hai invitato ad andare a prendere un Galway Bacon Burger!?

Wilson: Sisì, infatti andiamo al Galway.

Dam: Ma hai prenotato, vero??

Wilson (mentre parla con sua madre): Sì sì, ho mandato un messaggio…

Si sentono di nuovo delle urla.

Wilson: Nominiamo delle persone e tu dici qualcosa: Giovanni Caniato.

Còhta: Asciughino.

Wilson: Accu.

Còhta: Non dovrebbe credere alle scie chimiche.

Wilson: Marra.

Còhta: Deve andare piano in auto.

Wilson: Sei ancora arrabbiato?

Còhta: Non mi arrabbio più con nessuno.

Dam: Perché?

Còhta: Perché non serve né a me né all’altra persona, sono diventato zen.

Dam: Da quando?

Còhta: Da qualche anno ormai.

Dam: Ma c’è stata una svolta?

Còhta: Diciamo che quando sono nato questo atteggiamento mi è passato per una ventina d’anni, poi è ritornato.

Dam: Qual è stata la band che ti ha cambiato la vita?

Còhta: Deve ancora formarsi.

Dam: Un concerto a cui hai assistito che ti ha segnato?

Còhta: Ci sono tante cose in un concerto: l’esibizione, la performance, come stai nel pubblico, con chi sei lì, il viaggio… mi viene in mente un concerto dei Muse al Filaforum tanti anni fa…

Dam: Quindi eri con una ragazza…

Còhta: Sì…

Dam: Si capisce: concerto dei Muse, al Filaforum, concerto grosso di una band che non avrei mai detto che potesse piacerti…

Còhta: Infatti non mi piacciono più..! Però devo dire che parliamo dei Muse di vent’anni fa, non erano mica male, e il concerto era una roba strafiga.

Dam: Era una roba “Riccardona”?

Còhta: Eh abbastanza. Un concerto molto brutto sono stati i Verdena all’Alcatraz, perché i suoni erano pessimi. Aprivano i Jennifer Gentle, ho fatto i complimenti a Fasolo perché erano stati molto meglio.

Ricominciano rumori molesti e urla dalla finestra di Wilson

Còhta: Ad un certo punto secondo me Alberto Ferrari stava chiedendo scusa con la chitarra. Un altro bel concerto invece furono gli Shellac al Magnolia, con Marra. Lì i suoni erano alti, ma mi sono rifiutato di mettere i tappi apposta; secondo me era quella la loro intenzione, che venissi trapassato dal suono.

Parte un urlo improvviso dalla finestra di Wilson talmente forte da spaventare tutti e tre.

Madre di Wilson: Ma allora ti muovi!? Sono due ore che ti aspettiamo per cena! È tutto freddo!

Wilson: Sono in videochiamata

Madre di Wilson: Muoviti!

risate generali

Wilson: Devo darti una brutta notizia Dam…

Dam: Cioè? (mentre già pregusta la solita cazzata di Wilson)

Wilson: Non mi è partito il messaggio della prenotazione dell’hamburger

Dam: Ma come?!

Wilson: Mi sono dimenticato che non ho soldi sul telefono

Dam: Ma me lo dici adesso??

Wilson: Eh me ne sono accorto adesso… ma se vuoi c’è la pizza a casa mia!

Dam: Vaffanculo

Wilson: Va beh io vado a mangiare, Còhta è stato un piacere intervistarti.

Dam: Còhta tu sei uno dei pochi del nostro giro che riesce a vivere di musica giusto?

Risate generali

Dam: Ma è vero che hai fatto il farmacista?

Còhta: Assolutamente sì

Dam: E che esperienza è stata?

Còhta: TERRIBILE

Intervista a Giovanni Costa

Risponde con 6/7 dispositivi diversi, tutti prodotti negli anni ’90 e senza riuscire a farne funzionare nemmeno uno per una buona mezz’ora

qui in una sua celebre imitazione di Marco Obertini

La fase 1 di lockdown ci ha messi a dura prova: considerando che tutti noi, aldilà dei rapporti di amicizia, abbiamo una sola ragione di vita che consiste nel suonare e stare insieme agli altri, ne abbiamo risentito non poco.

Non è il caso di Giovanni Còhta, nuovo batterista dei Damianals, già batterista di Twiddle Thumbs e percussionista degli Yonic South, perfettamente a suo agio a presentarsi online dopo 3 mesi in cui non ha avuto contatti con nessuno. L’abbiamo intervistato (a sua insaputa) e ci siamo ritrovati a parlare con Charles Manson. Risponde con 6/7 dispositivi diversi, tutti prodotti negli anni ’90 e senza riuscire a farne funzionare nemmeno uno per una buona mezz’ora e noi che non riusciamo a comprendere i suoi gesti inconsunti. Nessun microfono attivo. Poi, finalmente, si comincia.

Wilson: Come stanno le tue bottiglie di Jim Beam (il whiskey preferito di Còhta, ndr)?

Còhta risponde sollevando un bicchiere che sorseggia

Dam: C’è del rosso lì, Campari?

Còhta: No no, è aranciata.

Dam: Aranciata e Campari?

Còhta: No, non lo bevo il Campari.

Dam: Com’è possibile, scusa?

Còhta: Mi ammazza lo stomaco e la testa.

Dam: E’ il motivo per cui si beve! I litri di whiskey che ti bevi invece hanno un effetto diverso?

Còhta gira la webcam alle sue spalle e ci mostra una fila di una ventina bottiglie vuote di Jim Beam.

Dam: Sono quelle che hai bevuto in quarantena???

Còhta: Non solo, ne ho altre giù dove suono. I’m falling in love.

Mostra da vicino le bottiglie, Wilson e Dam restano per un attimo a bocca spalancata.

Wilson: Ma davvero le hai bevute tutte da Marzo?

Còhta: HO SETE. Sono fatti miei.

Dam: Bevi solo quel whiskey o anche altri?

Còhta: Sì, ma l’ho scoperto da poco, è economico e buono. Sto molto peggio se bevo tre pirli (spritz in bresciano) o il rosso degli alpini. Mi addormento, mi viene il mal di testa, mi passa la fame. Il pirlo, se proprio lo bevo, lo prendo misto (aperol e campari), mi dà meno fastidio, credo sia una questione di PH.

Wilson: Come si chiamava quella cosa che volevi farmi bere a casa tua, che dicevi che faceva tanto bene?

Còhta: Che fa bene? Non è che ho cercato di farti bere il mio sperma? Ah, forse il Kefir! È una bevanda probiotica che faccio. Devi comprarlo o fartelo passare da qualcuno (?), è tipo lievito, una colonia di batteri.

Dam: Fermenti lattici?

Còhta: Questo lo fai una volta e poi ti rimane, come il lievito, aggiungi acqua e zucchero, molto buona. Da bere sempre, aiuta l’attività dello stomaco.

Wilson: Immagino vada a compensare l’attività del Jim Beam!

Dam: Insomma il segreto è Jim Beam e sperma.

Wilson: Cosa stavi facendo prima che ti chiamassimo?

Còhta: Colazione.

Precisazione, la chiamata è partita alle ore 18.

Wilson: A che ora stai andando a letto?

Còhta: Quando HO SONNO.

Dam: Quindi potenzialmente mai.

Còhta: Ho iniziato a guardare “La casa di carta” ma mi sta già stufando.

Dam: Dopo un timido entusiasmo iniziale mi hanno detto tutti che fa schifo.

Wilson: L’unico che dice che è bellissima è il Pagi (BBS).

Proprio poche ore prima della sbobinatura di questa intervista, avvenuta qualche settimana fa, il Pagi ha usato le parole “La serie della vita”.

Wilson: Mi spieghi perché ti chiamano “Riccardone”?

Còhta: Solo per spazientirti uso tutti i tamburi che ho.

Dam: Quanti ne hai?

Còhta: 3 grancasse di misure diverse, 3 timpani e 3 tom.

Wilson: Sei mai riuscito a usarli tutti?

Còhta: Beh, con tre grancasse no!

Dam: Hai fatto un giro che comprendesse 3 tom e 3 timpani?

Còhta: Certo, ho registrato una canzone di questo tipo, con 2 grancasse “solamente” però. Si chiamava Opera. Ma l’ho persa. (per fortuna)

Dam: Ok, ma torniamo alla domanda originaria: perché ti chiamano “Riccardone”?

Còhta: Mi prendevano in giro i Freez (durante il minitour di Gennaio con i Damianals) dalle loro parti significa uno molto precisino, perché io stavo lì a sentire ogni minimo cambio di accordatura delle pelli durante il soundcheck, il rimbalzo del colpo, le pelli risonanti ecc…

Dam: Cito da Nonciclopedia – “La sindrome del Riccardone è una patologia cerebrale degenerativa che si manifesta tra musicisti e appassionati di musica con frequenza fino al 50% nell’ambito di tale tipologia di soggetti, secondo le stime dei laboratori di ricerca dell’Università di Canicattì. Tale sindrome limita progressivamente l’apertura mentale verso la musica della persona infetta, portandola ad ascoltare solo, unicamente ed esclusivamente musica ineccepibile dal punto di vista tecnico e sonoro, a prescindere da gusto estetico, originalità, inventiva, essere al passo coi tempi e capacità di intrattenere chiunque non straveda per assoli dai 5 minuti in su”.

Su un forum, Damiano cita un utente che cerca di determinare quali siano i gusti musicali di un Riccardone. 
In sostanza, l’anticristo di SuperStanzy:

Il Riccardone ama:

– tutta la musica virtuosa

– tutta la musica ben suonata e pulita (chennesò, pure il turnista che suona con la Pausini di turno)

– la musica classica

– il jazz

– la fusion

– il prog rock (eccezion fatta per i King Crimson, giudicati troppo sperimentali)

– i Pink Floyd di The Dark Side of the Moon, Wish You Were Here e quelli di Gilmour (per il suo Tocco)

– il metal iper tecnico in stile Dream Theather

– quasi tutti i guitar hero, in particolare quelli abili nello shredder, tipo Joe Satriani e Steve Vai

– l’hard rock anni ’70 (soprattutto Deep Purple, di meno invece i Black Sabbath, perché Iommi con tre note ha inventato il metal, Petrucci con tremila l’acqua calda (cit.)

– gruppi tipo Dire Straits e Queen

– gli Eagles dell’album Hotel California

– il pomp rock (Asia, Chicago, Kansas, TOTO, Styx, etc)

– l’AOR Rock (Bad Company, Boston, Foreigner, Journey, etc)

– Elio e le Storie Tese ma solo per le abilità dei musicisti

Il Riccardone detesta:

– il garage rock

– il punk (“sono sempre gli stessi tre accordi…” è il suo ritornello preferito insieme a “i musicisti punk non sanno suonare”)

– la new wave

– il grunge (i Nirvana sono il Male assoluto)

– l’alternative rock in generale

– l’indie rock

– il britpop

– Bob Dylan e Lou Reed, perché non sanno cantare (e tanto meno suonare)

– il rock acido e psichedelico

– i Pink Floyd pre The Dark Side of the Moon, in particolare quelli di Barrett

– il rock con intenti più o meno sperimentali

– la musica d’avanguardia

– il free jazz e altre sperimentazioni varie

– il metal estremo

– tutta la musica nera (blues, soul, rap, reggae, etc), escluso il jazz per la tecnica dei musicisti

– il funk

– l’hip-hop

– tutta l’elettronica

– tutta la musica dance

Còhta: Io pensavo potesse riferirsi anche alla vita di tutti i giorni però, non solo alla musica. Comunque è una cosa con cui combatto tutti i giorni (lo dice solo per non rischiare il licenziamento da tutte le band in cui suona) se mi impegno molto, nel profondo riesco anche ad ascoltare due minuti di batterie fatte da Wilson (che continua ad essere convinto di fare il batterista) e ad apprezzarle.

Wilson: Tipo quella di “Tell me why” degli Yonic South, l’hai sentita?

Còhta: Ti do la mia benedizione di Riccardone.

Dam: Però tu ai Freez se non ricordo male avevi risposto, quando ti avevano dato del Riccardone. Ti ricordi che hanno fatto le prime date con un batterista, ma poi è arrivato il loro vero batterista?

Còhta: Certo, era più bravo il primo!

Dam: Ma tu gliel’hai detto in faccia!

Còhta: Così imparano! (Risata) Ora che mi ci fai pensare sono quelle frasi che ti rendi conto, dopo, che sarebbe meglio non averle dette. (altra risata)

Wilson: Dai, ti sei salvato perché almeno a uno dei due hai fatto un complimento.

Còhta: Beh ma io l’ho detto solo a lui, tra l’altro in dialetto, “Te se po brao te”. Era più groovy. A Verona ho suonato col loro set, senza tom, per loro era meglio così e in effetti sono d’accordo che se la batteria non è ottima e nemmeno l’acustica, meno roba usi meglio è.

Un giovane Costa alle prese con cajòn e tamburello

Wilson: Tu hai sempre suonato così, anche prima dei Twiddle Thumbs?

Còhta: Riascoltavo proprio ieri una canzone del mio vecchio gruppo, i Barabonzibonzibo. Eravamo amici e soprattutto suonavamo molto in giro, perché non era proprio il mio genere, diciamo che me lo sono fatto andare bene. Facevamo Gipsy, tipo i Gogol Bordello.

Dam: Quella era la tua prima band?

Còhta: No, con la mia prima band facevamo alternative rock, tutti appassionati di anni ’90.

Wilson: Verdena, Nirvana?

Còhta: Mah, agli altri piacevano più che altro i Pearl Jam.

Dam: Facci una cronologia delle tue band.

Còhta: I primi si chiamavano Fiascodivino, tanti anni fa. Appena dopo avermi mollato aprirono per i Marta Sui Tubi, che all’epoca ascoltavo molto, quindi mi incazzai.

Wilson: Palco principale della Festa di Radio Onda d’Urto?

Còhta: No, ho suonato parecchie volte alla festa, ma mai sul palco principale.

Dam: Che età avevi con i Fiascodivino dunque?

Wilson: A che età hai iniziato a suonare?

Còhta: MA MI STATE FACENDO UN’INTERVISTA?

Risata generale

Còhta: Ho iniziato molto tardi, ho preso lezioni in prima superiore.

Dam: Perché dici tardi?

Wilson: Non è tardi, certo, non come chi inizia il conservatorio a 7 anni.

Còhta: Però in quel periodo non suonavo con quelli bravi, perché erano un po’ più avanti…

Dam: Ok, magari uno alle scuole medie prende lezioni, però non è che formi una band alle scuole elementari… di solito è sempre nell’adolescenza, alle scuole superiori, che iniziano quegli esperimenti, no?

Còhta: Sì è vero, però nel mio primo gruppo di amici loro erano più avanti e quindi avevano un altro batterista, io stavo sempre lì a guardare.

Dam: A cercare di fargli le scarpe.

Còhta: No dai, è che all’inizio prendevo lezioni ed ero molto accademico, non avevo quel tipo di spinta a formare una band. Il mio insegnante era bravissimo ma anche molto dogmatico. Qualche anno dopo invece sono andato da un altro insegnante che era l’esatto opposto, quasi metafisico. Lì per lì comunque a me interessava solo suonare come Dave Grohl. Comunque dopo un anno di lezioni ho chiesto che mi comprassero la batteria, ma non l’ho avuta, e quindi ho smesso di andarci, ma ho continuato a suonare sulle seggiole! Poi, dopo due o tre anni, ho ricominciato. Ora che mi viene in mente ho cominciato con dei bonghi di mio zio, ma non mi ero resoconto che fossero dei soprammobili di ceramica. Così dopo un po’ si sono distrutti.

Wilson: Tuo zio come l’ha presa?

Dam: Sicuro non gli ha comprato la batteria…

Còhta: No, ma l’altro zio mi ha costruito delle bacchette con del legno di montagna, ma il primo era giovane, studiava e io nel mentre continuavo a battere con le mie nuove bacchette su sedie e tavoli, così un giorno me le ha nascoste e non me le ha mai più ridate. Non mi ha mai più detto dove le avesse messe. Qualche anno fa mi è tornata in mente questa cosa e mi sono chiesto dove diavolo potessero essere. Neanche lui si ricordava più. Poi all’improvviso le ho ritrovate nella scatola della saldatrice. Le ho ancora, ovviamente non le uso, erano proprio dei rami scolpiti col coltellino.

Wilson: La leggenda vuole che anche Dave Grohl abbia cominciato così.

Còhta: Boh, ma tutti hanno iniziato così. Prendi dei pezzi di legno e batti da qualche parte. Ho avuto anche una batteria elettronica, ma l’ho spaccata tutta: come Dave Grohl, ci suonavo con le bacchette al contrario.

Wilson: Da chi era formato il nucleo originario dei Twiddle Thumbs?

Còhta: Prima di me suonava Marco Alliegro con loro…

[Cominciano a sentirsi rumori strani dalla finestra di Wilson]

Còhta: …poi mi ha chiamato Accursio dicendomi che cercavano un batterista, io pensavo che ci suonasse anche lui.

Dopo qualche minuto di scambio tecnico, Còhta dice: “Ma hai i guanti?” Non si capisce con chi stia parlando e quindi precisa “Dico a te Damiano”. Passano altri minuti e dice “Ma sei diventato sguercio?” – Ma chi? “No no, dico a te Damiano”.

Wilson: Còhta, ti stiamo facendo un’intervista.

Còhta: COME?!

Si sentono delle urla dalla finestra di Wilson.

Wilson: Era mia madre, ha detto che è pronta cena (Sono le 18.50)

Dam: Ma come? Se mi hai invitato ad andare a prendere un Galway Bacon Burger!?

Wilson: Sisì, infatti andiamo al Galway.

Dam: Ma hai prenotato, vero??

Wilson (mentre parla con sua madre): Sì sì, ho mandato un messaggio…

Si sentono di nuovo delle urla.

Wilson: Nominiamo delle persone e tu dici qualcosa: Giovanni Caniato.

Còhta: Asciughino.

Wilson: Accu.

Còhta: Non dovrebbe credere alle scie chimiche.

Wilson: Marra.

Còhta: Deve andare piano in auto.

Wilson: Sei ancora arrabbiato?

Còhta: Non mi arrabbio più con nessuno.

Dam: Perché?

Còhta: Perché non serve né a me né all’altra persona, sono diventato zen.

Dam: Da quando?

Còhta: Da qualche anno ormai.

Dam: Ma c’è stata una svolta?

Còhta: Diciamo che quando sono nato questo atteggiamento mi è passato per una ventina d’anni, poi è ritornato.

Dam: Qual è stata la band che ti ha cambiato la vita?

Còhta: Deve ancora formarsi.

Dam: Un concerto a cui hai assistito che ti ha segnato?

Còhta: Ci sono tante cose in un concerto: l’esibizione, la performance, come stai nel pubblico, con chi sei lì, il viaggio… mi viene in mente un concerto dei Muse al Filaforum tanti anni fa…

Dam: Quindi eri con una ragazza…

Còhta: Sì…

Dam: Si capisce: concerto dei Muse, al Filaforum, concerto grosso di una band che non avrei mai detto che potesse piacerti…

Còhta: Infatti non mi piacciono più..! Però devo dire che parliamo dei Muse di vent’anni fa, non erano mica male, e il concerto era una roba strafiga.

Dam: Era una roba “Riccardona”?

Còhta: Eh abbastanza. Un concerto molto brutto sono stati i Verdena all’Alcatraz, perché i suoni erano pessimi. Aprivano i Jennifer Gentle, ho fatto i complimenti a Fasolo perché erano stati molto meglio.

Ricominciano rumori molesti e urla dalla finestra di Wilson

Còhta: Ad un certo punto secondo me Alberto Ferrari stava chiedendo scusa con la chitarra. Un altro bel concerto invece furono gli Shellac al Magnolia, con Marra. Lì i suoni erano alti, ma mi sono rifiutato di mettere i tappi apposta; secondo me era quella la loro intenzione, che venissi trapassato dal suono.

Parte un urlo improvviso dalla finestra di Wilson talmente forte da spaventare tutti e tre.

Madre di Wilson: Ma allora ti muovi!? Sono due ore che ti aspettiamo per cena! È tutto freddo!

Wilson: Sono in videochiamata

Madre di Wilson: Muoviti!

risate generali

Wilson: Devo darti una brutta notizia Dam…

Dam: Cioè? (mentre già pregusta la solita cazzata di Wilson)

Wilson: Non mi è partito il messaggio della prenotazione dell’hamburger

Dam: Ma come?!

Wilson: Mi sono dimenticato che non ho soldi sul telefono

Dam: Ma me lo dici adesso??

Wilson: Eh me ne sono accorto adesso… ma se vuoi c’è la pizza a casa mia!

Dam: Vaffanculo

Wilson: Va beh io vado a mangiare, Còhta è stato un piacere intervistarti.

Dam: Còhta tu sei uno dei pochi del nostro giro che riesce a vivere di musica giusto?

Risate generali

Dam: Ma è vero che hai fatto il farmacista?

Còhta: Assolutamente sì

Dam: E che esperienza è stata?

Còhta: TERRIBILE

Biweekly#5

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