
Stanzy
Reviewsss
#11
Stanzy Crew

Leatherette – fiesta
Acilegna
Prendete 5 ragazzi provenienti da diverse regioni d’Italia, versateli in una città come Bologna, alcool e sigarette Q.B., mescolate il tutto con colpi di frusta violenti ed otterrete i Leatherette.
Dopo aver passato vari anni a suonare a zonzo per l’Italia e non solo, nell’ottobre del 2022 fanno uscire il loro album d’esordio “Fiesta”, pubblicato con “Bronson Recordings”.
Il disco rappresenta la nuova faccia del post punk, reso molto più moderno grazie all’uso del sassofono che, unito agli altri strumenti, crea un nuovo sound pieno di note aspre e melodie struggenti. Le tematiche a cui si rifanno le canzoni dell’album sono letteralmente il sapore che ti lasciano in bocca i vent’anni: da amori non corrisposti, amori finiti, alla fatica del prendersi cura di sé, alla difficoltà di trovare un posto al mondo, il conseguente senso di inadeguatezza che porta inevitabilmente alla voglia di andare via rompendo ogni muro che si presenta lungo la strada.
L’album inizia con le dolci note di “Come Clean”, dove la chitarra si deforma lentamente durante il susseguirsi della canzone scontrandosi con il sax, il tutto condito da dei giri di basso piazzati nei punti di maggior tensione; mentre in “So Long” troviamo una seconda voce scarna, a tratti quasi soffocata, che assieme ai suoni del synth contribuisce ad alimentare il senso di alienazione e inquietudine delle notti passate a fissare il soffitto.
Arriviamo alla mia preferita (e a quanto pare anche quella di Iggy Pop) “Dead Well”, la canzone parte con dei pianti, a tratti teatrali, simbolo della spettacolarizzazione della sofferenza, la voce si prende i propri tempi e spazi presentando dei tratti più hip-hop, il basso crea un’aria sospesa, un climax che cresce sempre di più fino al punto di rottura dove ogni strumento prende una direzione differente e la voce si fa sempre più forte e rotta, insomma un colloquio coi propri demoni interni. Torniamo a toccar terra con “Fiesta”, la canzone che dà il nome all’album, dove grazie alla dolcezza delle note del sax, al basso, ai caldi e leggeri tocchi di batteria sembra di trovarsi in un jazz club degli anni ’20, saturo di quella nostalgia che, nonostante le lacrime, ti lascia comunque il sorriso sulle labbra.
Rientriamo nel metafisico grazie alle melodie acute delle chitarre di “Cut”, la linea passa a “Fly Solo”, dai suoni più ritmici e serrati, non a caso ad avere i riflettori puntati in questo brano è proprio la batteria, anche in “Thin Ice” le percussioni fungono da apri fila a tutti gli altri strumenti, passando successivamente il compito al sassofono.
Troviamo una forte influenza pop in “No Way” dove il senso di rassegnazione si fa più pesate, sensazione che prende il sopravvento in “Play”, dalle seconde voci più elettroniche e deformate.
A chiudere la fila abbiamo “Sunbathing”, canzone satura di energia che urla la volontà di un riscatto, di una pace interiore che vuole e deve essere raggiunta.
“Fiesta” è un gioiellino di album che ho avuto modo di sentire live, dove devo ammettere che è stato difficile non trovarsi con i piedi per aria, dato l’enorme flusso di energia che i ragaz sprigionano sul palco, letteralmente una botta di vita che ti arriva dritta dritta sulla punta del naso assieme a qualche gomitata.
ALIMENT – INCONDICIONAL
Susiskunk
Mi vergogno un po’ nell’ammettere che ho fatto tardi i compiti questa volta e che ho dovuto selezionare un disco soltanto sul quale concentrarmi. Il ballottaggio era tra due band ispaniche in cui ha avuto la meglio questo trio di Barcellona (e qui arriva la parte in cui mi vergogno per davvero) che mi piace davvero tanto perché ormai mi sono rassegnata all’idea di essere una neo – boomer di prima categoria. Ogni cosa è al suo posto: la voce, le linee incalzanti, mai scontate, la vena più incazzata del post (rock? punk? ormai non ha più importanza), ma una cosa è certa: quando qualcosa mi piace, ma davvero davvero, è perché si riconnette inevitabilmente, in una qualche misteriosa maniera, a qualcosa di così remoto nella mia testa che è impossibile andarlo a ripescare. Sicuramente l’ imprinting che ho ricevuto (e che mi è piaciuto da matti) quando ero ragazzina è e rimarrà imprescindibile nel selezionare ciò che ascolto, motivo per cui tutto ciò che riconosco e so apprezzare lo ritrovo in questo dischetto freschissimo che è davvero una bella sberla: il chitarrino acidoso, la batteria scoppiettante, il basso ossessivo.. una garanzia di efficacia. Un bel trio alla vecchia maniera, attivo da più di dieci anni, che sa dare ancora lezioni ai pischelli di oggi e di domani.
DREYTED – RAW TAPES
Adrian Palace
Ma quanto è bello ascoltare questo album? Davvero, credetemi, in questo LP pubblicato lo scorso 23 settembre e tutto fatto in casa a Santa Clarita, California da DeRon Munroe (Not From England, The Intelligence), c’è tutto il necessario per goderti un buon mix noisy, a tratti ROK e a tratti pop.
Non mi metterò di certo a fare un analisi pezzo per pezzo e nemmeno vi dirò “sembra quello, sembra questo”; non ce n’è proprio bisogno, perché quando ti trovi davanti a una registrazione così genuina e così intima, che ti sembra di ritrovarti nella cameretta in cui è stato generato tutto questo, puoi solo ascoltare e dire: c’è un regaz dalla California che su una cassetta Maxwell Type 1 ha registrato con un Tascam Portastudio 414 mk 2 un LP sano, vero, bello grezzo; che è stato in grado di tirare fuori 12 pezzi che in quell’armonia lo-fi, sono riusciti a portarmi a provare sentimenti da ragazzino che non provavo da un po’ nell’ascoltare musica.

Sì, questa volta mi avete trovato molto sentimentale, ma come non esserlo in questo caso?
Detto questo, vi consiglio di tenervi stretta tra le mani quella ruvida corda di distorsione che lega tutto l’album e di ascoltarvelo, magari in un bel pomeriggio di sole di novembre nei campi della pianura padana, verso le tre o le quattro. Rende davvero.
Pezzo prefe: Rushed
Disciplina Limitar – Ausencia ganadora
Acilegna
Direttamente da Valencia uno dei quartetti più strambi mai visti finora, frutto di un equilibrato mix di membri di altre band spagnole come Futuro Terror Morenas, Mausoleo o Concentration Summer Camps.
Nel Novembre del 2021 debuttano con “Disli” (abbreviazione con la quale il gruppo è tal volta chiamato), un ep contenente quattro brani correttamente eseguiti ma, non soddisfatti, a distanza di quasi un anno escono un gioiellino dai contorni più definiti: “Ausencia Ganadora” con l’etichetta “FlexDiscos”.
Album dalla copertina colorata e strampalata un po come il suono che esce una volta clickato play.
Una delle band garage-punk più completa di sempre con giri di basso che ti rimbombano in testa per giorni, chitarra dal suono angolato e penetrante, batteria dai ritmi secchi e lineari, ad amalgamare per bene il tutto abbiamo la voce rauca e a tratti soffocata tipica del punk e delle sue cattive abitudini.
I “Disciplina Limitar” son in grado di ricreare quell’atmosfera esplosiva capace di rallegrare gli animi ma sopratutto i timpani!
dadar – iron cage
Vasquito
Tam Tam Tam Tam. <Hiding in the darkest room is my reaction>. Sdenghe sdenghe sdenghen ding…
…e sbada-bang, una scheggia impazzita mi si conficca nel cervello. Piccoli tic nervosi. Spasmi facciali e occhi allucinati. Le labbra si contorcono in piccole e sardoniche smorfie. Non riesco a star fermo. Movimenti convulsi e scomposti costretti in un piccolo spazio fisico-mentale. “Iron Cage”. Vengo catapultato in uno strano mondo distopico. DADAR. Note acide naif aleggiano nell’aria. Piccole tastierine “giocattolo” volano intorno a me. Rapide ischemie cerebrali si susseguono una dopo l’altra. Una voce svogliata e portata al limite inizia a sbraitare su melodie stridule e alterate sputando fuori chitarrine frenetiche e sincopate. La nevrosi si spalma su pattern ritmici saturi e ossessivi. Disagio mentale tribale e minimale. <uuuuuh bababababa huuh>. Trance spastica ansiogena. <Aaawwww>. 1966. 2022. 1977. 2004. 1979. 2020. Vengo scaraventato avanti e indietro. Retro-futuro e schizofrenia de-evoluzionistica. Diiiinnnneeeeeuuuuu dooooong. Boom. Silenzio.
Dischetto da vertigini e capogiro. Una delizia sopraffina che dovete spararvi tutti nelle cervella. Niente di più, niente di meno.
LOS NERDS – LOS NERDS 2
Willo
Che posso dire. Questo dischetto è davvero bello. Chi siano questi Los Nerds non lo so. Leggo Hermosillo, Mexico, che è la stessa città dei Los Blobs (condivideranno qualche componente??) La mia ricerca non ha prodotti vasti risultati ma immagino che da qualche parte nell’internet due righe su questi stronzi ci saranno. Ho letto un po’ tra i commenti se c’era qualcosa in più e leggo un tizio che scrive: “Sounds like dlimc, coneheads mexican ripoff, i like it” ed è esattamente quello che penso io. È certamente quella roba lì ma in versione messicana e man, sta roba mi fa impazzire. C’è sicuramente di più. O per lo meno ci sono tante belle idee. Basta sentire “Ajedrez” (che sembra uno strumentale registrato da Daniel Johnston) per capire che c’è qualcosa di geniale sotto e non una banale versione cheap del Classic Egg Rok. E poi in spagnolo è ancora più divertente. Ed è un dischetto davvero divertente, che mette allegria senza mai essere scontato e ricco di sorpresine qua e là. Dura solo 8 minuti ma c’è dentro un mondo di roba.
THE PROCRASTINATORS – AMAZING
Acilegna
Direttamente dai portici bolognesi dai muri scarabocchiati e scrostati, nascono nel 2018 i Procrastinators che, dopo aver suonato in lungo e largo, alla fine dello stesso anno registrano il loro primo ep “Wah Tah”, pubblicato con “Rocketman Records” di Milano, composto da 7 brani pregni di garage-punk senza fronzoli.
Durante gli anni successivi, colmi di noia e limitazioni dovute alla pandemia, la band lavora su nuovi pezzi che prendono forma nell’estate del 2021. I brani vengono registrati in presa diretta su nastro in un solo weekend presso il “Balsamic Studio” e successivamente masterizzati in analogico al “Big Snuff” a Berlino. Nell’inverno dello stesso anno il batterista e cofondatore Lorenzo Mazzilli lascia il posto ai tamburi a Giovanni Caniato e i Procrastinators riprendono a macinare concerti dopo la pausa imposta dal Covid; nell’estate del 2022 organizzano i primo (mini) tour all’estero, composto da quattro date spalmate tra la Germania e la Svizzera, meta nella quale la band ha fatto qualche giorno di sosta per serigrafare con le loro manine le grafiche presenti sulla copertina e sul retro del disco, opera compiuta presso l’Atelier Obscure di Losanna.
Dopo averci lasciato l’acquolina in bocca con l’uscita del video del singolo “Tonite”, diretto da Marco Armando Alliegro, la band diffonde finalmente “Amazing”, portato sui palchi solo poche settimane fa, come suggerisce il nome della band i ragaz se la prendono comoda ma ne è assolutamente valsa la pena. L’album esce su due supporti differenti: in vinile per la “Burning Sound Records” (Svizzera) ed in cassetta per la “Sour Grapes Records” (UK),
Il disco rimane permeato dal garage-punk, tipico dei primi brani della band, con l’aggiunta di atmosfere più post-punk, il tutto è reso più succulento grazie ad un pizzico di psichedelia, creata grazie all’aggiunta di parti di tastiera suonate con una Casiotone. Ai Procrastinators non serve molto per far un casino della madonna sul palco: chitarra dalle melodie sporche, giri di basso diretti e batteria dai ritmi imbizzarriti.
I temi che ruotano attorno ad “Amazing” sono prettamente politici, di urgenza sociali, e lo dimostrano brani come “Brew” che parla dell’assurdità della supremazia bianca che permea nel quotidiano comune, o come “M’IA” critica ad una società patriarcale dove resistere è dura, è mangiare tutti i giorni rabbia a colazione. Si parla anche del profondo ed irreversibile declino della cultura occidentale, che viene suddiviso in due canzoni: in “Dark Tropicana”, brano dai ritmi dal sapore tropicale che parla di come il capitalismo ci abbia fottuto tutti dal primo all’ultimo e come i confort occidentali siano pagati dallo sfruttamento di terzi, e in “Bad times”, dove viene disgregato il fittizio senso di comunità ed il concetto di salvezza, perché non andrà e non va tutto bene. Un altro soggetto presente nei loro testi, che troviamo in “Tonite” è quello del dramma dell’amore romantico, impossibile da vivere con serenità pura data la forte idealizzazione che spesso creiamo nei confronti dell’altro.
Che altro aggiungere su “Amazing” se non che è un santino della musica underground, creato con amore e tanto DIY, dove icomponenti della band armati dei propri strumenti si divincolano tra disagi post-urbani e contemplazioni fuorvianti sulla vita. Spero che questo disco possa farvi saltare in aria tanto quanto ha fatto con me.

EGG IDIOT – HELP
Baby Lemonade
Ascoltare HELP! di EGG IDIOT (progetto solista del bassista degli Ex White) è paragonabile al piacere che si può provare nel fare/vedere/sentire cose fastidiose. Tipo tormentarsi la pellicina dell’unghia fino a farti sanguinare le mani; schiacciarsi i punti neri; oppure guardarsi un bel film splatter.
Testi cinici e deliranti, cantati da un egg-man in preda a un esaurimento nervoso, vengono accompagnati da una chitarra super grezza e cattivissima che si lancia in giri vertiginosi e ossessivi. Egg-punk alla maniera tedesca.
Per me, EGG IDIOT ha fatto centro ancora una volta.

