
Stanzy Reviewsss #11
Stanzy Reviewsss #11, ecco cosa ci è piaciuto ascoltare negli ultimi mesi.
E dopo un mese dalle ultime Reviewsss firmate zia Baby Lemonade, il nostro appuntamento dedicato alle nuove uscite torna con un bel rinnovamento. Abbiamo raccattato i migliori e le migliori freaks del giro Super Stanzy e messo su un format niente male. Una rubrica collettiva per commentare le migliori pubblicazioni nel mondo del ROK e non solo. Tanta roba regaz! Mettetevi comod* e godetevi la lettura.
P.S. Se anche tu vuoi proporre un pezzo ogni tanto, scrivici! 🙂
DADGAD – CONTROL
🇮🇹
By Willo
Di Dadgad non si può che parlarne bene. Per quanto ne sappiamo qui a Super Stanzy (e noi sappiamo tutto!) si tratta del primo egg punk d’Italia, il che non è proprio pizza e fichi. Se negli altri paesi europei l’egg è all’incirca all’ordine del giorno, nel bel paese come spesso accade ci ritroviamo ad arrivare tardi. Poco male, perchè Dadgad non ci fa rimpiagere gli anni di ritardo.E bisogna dire che è incredibile come questo tizio sia sbucato dal niente senza conoscere nessuno del circuito e arrivare a pubblicare due EP su Tremdo Garaje e farsi stampare cassette da etichette americane quali Loopy Scoops e Gravityhillrex + Magic Max in Europa. Un motivo ci sarà…!
Detto questo, “Control” è una vera bombetta di cui esser fieri. Un’evoluzione rispetto al precedente lavoro che l’ha portato a risettare il suond e a rallentare la drum machine. La titletrack ne è l’esempio lampante, opening perfetta che chiarisce subito le nuove coordinate sonore che strizzano gli occhi ai cari Powerplant. Snap Your Fingers fila che è un piacere con quel riffettino di synth che mi strappa un sorrisetto di compiacimento mentre Don’t Ask picchia violenta fino al ritornello che lascia una macchietta di malinconia dando giusto quella boccata d’aria in superficie prima di tornare a soffocarsi di burdel. La festa finisce con Goodbye che inizia abbaiando weird e invece si trasforma immediatamente in un tributo lo-fi ai Fidlar. Che spettacolo! Spendeteli 5 euro per questo EP, sarebbe un mondo più giusto se tutti lo facessimo.
O.R.C – FEELING SAFE
By Baby Lemonade
O.R.C è il progetto solista di Oscar Casley (vedi anche Tragic Carpet) e “Feeling Safe” è il suo nuovo EP. Un purino di garage punk, con influenze fuzz, squisitamente australiano. Cinque tracce in 8 minuti no-stop di chitarroni e sentimento, il tutto condito con un po’ di psichedelia, soprattutto in Too Much Fun che si scatena in un bellissimo assolo di tastiera, da far leccare i baffi ai nostalgici degli anni ’60.
Una piccola perla della scena di Melbourne, da godersi con una birra ghiacciata sotto i raggi del sole.
BIG CREAM – SHOPPING LIST (singolo)
🇮🇹
by Susiskunk
Zola Predosa – ‘Zola che?’ direte voi ignari come me esattamente cinque minuti fa che controllavo la posizione di questo luogo ameno su Google Maps – è un paesone di 20mila anime dell’iter bolognese, spegnendo così ogni mia speranza circa la provenienza cremonese di questa talentuosa band
(Big Cream Cremona, non ci avevate pensato, eh?). Conta 5 regaz (e se uso la ‘z’ finale è un pregio perché nel gergo di SS significa che sei un* giust*) che strimpellano mica male e che hanno uscito proprio qualche settimana fa il singolone “Shopping List” per la ‘We were never being boring’, sinonimo di garanzia, che ha subito catturato la mia attenzione. Hanno il groove più simpa che ho sentito da una band italiana come non ne sentivo da tanto tempo! E i chitarrini noise! E un wild sax che ti travolge! Insomma, tutti belli lanciati, entusiasmo a mille.. ma allora com’è che non mi fanno schifo come tutte le altre formazioni che tendenzialmente non mi invogliano né alla depressione né a dar fuoco alle cose? Bhe, ma perché alla voce c’è Jacopo (1/5 Leatherette, se non conoscete recuperare subito!) che parla di droga e della futilità che ci circonda, toccando quelle corde magiche che mi riportano subito in una dimensione cupa ed eterea.
Proprio come piace a me. Perché non c’è proprio un cazzo per cui essere felici, ma tu non ci pensare, sorridi, drogati ‘relax, have some fun’. Il video è ad opera di Michele (2/5 Leatherette anche lui, che ve lo dico a fa), degno di essere esposto nell’Hamburger Bahnhof. Il 27 Maggio escono “Hanging”, il loro secondo album e sto già in fervore per scoprire dove lo eseguiranno dal vivo.
Ci vediamo sotto palco.
SOCIETY – ALL FLIES GO TO HELL
by Saldacani
Spared Flesh Records è ormai una garanzia per chi ama il rok e malsopporta le registrazioni in alta qualità. Dall’inizio dell’anno l’etichetta di Portland ha già pubblicato 5 sfrontatissime chicche e dietro a 2 di queste (“Footage” di Toe Ring e “All Flies Go To Hell” di Society) c’è il sudicio zampino di Sims Hardin.
Sims Hardin, il fantastico balordo di Philadelphia che negli ultimi 10 anni ci ha deliziato con un numero incalcolabile di gruppi fighissimi (fra cui Key Bumpz, Dark Web, Juice, Brain Clouds, Mesh), ha messo su una nuova band che si chiama Society. In questo progetto Sims fa tutto da solo, va in cantina e ne esce con “All Flies Go To Hell” e un Tascam tutto rotto. Racconti di desolazione buffa, disgusto di sé e gioioso nichilismo su garage-blusss a bassissima fedeltà, ripetitivo e maledettamente orecchiabile. Riff insolenti, un po’ di Velvet Underground e tantissimo disagio. Imperdibile.
KLINT – DANCE
🇩🇪
By Baby Lemonade
Ciò che mi ha convinto più di tutto a scrivere questo pezzo è stato un commento di mia mamma che,
di ritorno da lavoro, mi guarda spaesata e mi chiede “Che è ‘sto rumore?”.
Il rumore era “Dance” di Klint.
Vichingo dichiarato, Klint porta lo stile egg-punk a un livello musicale mai esplorato prima d’ora. Una consistente dose di synth che si interseca con riff dal gusto electro-punk e drum machine hardcore, sia nel senso punk sia nel senso gabber. Dance e Monology, due tracce cattivissime e virtuose, sembrano uscite da uno space-game anni duemila. Selected Welcome e Electric (tributo a Are Friends Electric? di Gary Numan), invece, sono due hit più vicine a sonorità lo-fi, con una voce pitchata che mi fa impazzire. Un disco che ti dà la carica, ti fa venire voglia di spaccar tutto con un martello infuocato.
Vi ricordate il Sig. Technoviking? Ecco, se fosse un punk ballerebbe su questo album.
N8NOFACE – HOMICIDE
🇺🇸
by Vasquito
Los Angeles. California. Barrios chicani. Disagio e vita da strada. Quando provieni da questi ambienti le tematiche tipiche del gangsta rap ti scorrono nelle vene. N8 non fa eccezione. Inizia a scrivere e parla di ciò che ha vissuto sulla sua pelle. Violenza, droga, intolleranza sociale. Inizia a sparare fuori dei beat hip hop e a cantarci sopra. Fino a qui sembrerebbe non esserci nulla di strano, ma N8 è atipico. Non sa suonare, non sa rappare e ama alla follia le sonorità anni ’80. Non i suoni plasticosi e pompati al testosterone che impazzavano nelle classifiche dell’epoca, ma quelli oscuri, surreali e decadenti intrisi di eroina, che facevano da sottofondo e descrivevano la vita dei reietti della società. Esagera con sintetizzatori pesanti uniti a campionatori, drum machines e bassi belli potenti, che utilizza per creare atmosfere da club e party hip hop. Quasi per caso partorisce un nuovo sound surreale carico di alienazione, misantropia, ansia e disagio, ma allo stesso tempo festaiolo, estatico e adrenalinico.
Tutto ciò trova grande lucidità espressiva nel suo ultimo album “Homicide” dove rumori meccanici, caos e dissonanza si mischiano a ritmi sudici hip hop minimali, sui quali N8 “spara fuori” riflessioni riguardanti violenza da gang, rapine e “marachelle” varie. Tutto parte con un suono di synth oscillante ripetitivo, poi, come uno schiaffo in faccia, assieme ad una ritmica martellante parte un rap veloce e urlato, che dura poco più di un minuto. Non hai tempo di pensare che sei già totalmente dentro al suo mondo. Un mondo super fast ed euforico (tutte le canzoni sono brevi e non superano il minuto e mezzo), che continua a interrompersi e ripetersi velocemente, lasciando un continuo senso di appagamento e mancanza allo stesso tempo. Il battito cardiaco accelera e si ferma di botto. Il tutto ha un non so che di metanfetaminico. Nella mia testa si palesa l’immagine di una gang bang tra gli Screamers, i Suicide e i Cypress Hill, mentre, in disparte, poco lontano da loro Dee Dee King osserva ed ascolta soddisfatto, mentre si spara uno schizzo con Lou Reed. Devastante.
ERIK NERVOUS – HALFASS
by Acilegna
Ed ecco che ancora una volta Erik Nervous (Kalamazoo-Michigan) esce con una bombetta.
A ‘sto giro ci delizia con un ep violento e veloce come dovrebbe essere ogni pranzo domenicale in famiglia. Per quanto riguarda i quadri di riferimento, Erik è un devoto piuttosto assiduo dei Devo.
Si può sentire la loro influenza nel dispiegamento ondulato e scoppiettante di bolle di silicio di sintetizzatori e chitarre stridenti, ma anche nella sua voce urlante, che ha la stessa risonanza stranamente autorevole dei pronunciamenti di Mark Mothersbaugh. Al di là della sua dedizione ai Devo, il resto del suono è totalmente figlio di Erik, che fa crollare il garage rock e l’hardcore del Midwest in qualcosa che suona come Jay Reatard che si dissolve in una vasca di riff alla Die Kreuzen.
Piuttosto caotico ma mai fuori luogo. “Halfass” è composto teoricamente da sei brani, in pratica ne deve uscire il settimo, perché si sa Erik è un pazzo scatenato ma una cosa è certa nessuna delle sue canzoni è un mezzo culo, anzi sono tutte dei culi completi ma questo è solo il mio umile parere.
Provare per credere.
PRISON AFFAIR – DEMO III
🇪🇸
By Willo
Qui si vince a mani basse. Stiamo parlando di una band di capi totali. Personalmente, forse, tra le mie top 5 lo-fi punk band ever. I lavori precendeti li hanno consacrati nel mio Olimpo del ROK e questo “DEMO III” non fa altro che confermarlo. Eppure faccio fatica pensare che una band così possa venire da Barcellona. Da quando la Spagna sforna bombette così succose, così tremendamente fighe e spudoratamente originali? Chiaramente non sono un espertone sul punk iberico e potrei benissimo sbagliarmi ma ho qualche dubbio. Però davvero regaz, qui ci si avvicina alla perferzione. E’ tutto troppo pazzesco, dalle canzoni, al sound, alla copertina, grafiche e ora perfino un video bombetta che hanno appena sfornato. Soldi spesi benissimo, anche se non ho fatto in tempo a prendere la cassetta che è finita in pochissimi giorni.
LALALAR – BI CINNETE BAKAR
🇹🇷
by Susiskunk
Stanno spopolando anche qui da noi, nella bianca, bianchissima Europa (no, non nella noiosissima Italia), contano già svariate migliaia di followers sui social e hanno un sound che non ha nulla da invidiare alle formazioni più assodate. Strisciano fuori Istanbul in sordina, nel 2019, e adesso comincio (finalmente) a trovare il loro nome sempre più spesso tra le line-up dei maggiori festival europei e non. La grafica del primissimo singolo, “Isyanlar” promette bene: colorata, accattivante, ma non ha quel ‘non so che’ di patinato, costruito e artificioso come ormai sono abituata a vedere in ogni stupida promo sponsorizzata. E’ vera, è autentica, è genuina e questo mi piace, se ci mettiamo pure che la traduzione del titolo sta per “ribellioni” siamo a cavallo.
E infatti i Lalalar, questo il nome di questo trio Turco, si piazza subito in cima ai miei ascolti in termini di frequenza e di gusto. Quando la ricetta è semplice si direbbe che c’è poco da sbagliare, ma non è affatto così dato che sono proprio le cose più semplici ad essere quelle più difficili; eppure pare che in questo caso, tutti gli ingredienti siano dosati al punto giusto: ossessive linee di basso pieno e incessante, chitarrina psichedelica, synth a tutto piano, voci come echi lontani, che sanno di un qualcosa di ancestrale e profondo, una varietà di sample di percussioni che si mischiano perfettamente in questo concentrato di psichedelia. E’ una danza esotica quella dei Lalalar, lontana ed evasiva, che lascia all’ascoltatore la sensazione di dissolversi insieme alle parole di questi canti, seppur incomprensibili, tale da far venire le vertigini, ma a trattenere l’onda lisergica ci pensa un’instancabile varietà ritmica, a tratti molle e cadenzata, a tratti incalzante. La magistrale componente elettronica, poi, ne fa un album davvero coi fiocchi, fresco, che strizza l’occhio alla tradizione, ma saldamente ancorato alla dark age nella quale ci troviamo, forse addirittura proiettato in quella ancora più dark che ci aspetta. Voto dieshi.
KRAV BOCA – PIRATE PARTY
🇫🇷
by Susiskunk
Un’altra cricca di incappucciati, collettivo tutto matto che fa da sponda, tra Grecia, Francia e Marocco e non ha capi né padroni. Sono i Krav Boca, una miscela pronta a esplodervi in faccia (e contro le guardie) preparata da quelli che sembrano essere piuttosto avvezzi al confezionamento di molotov. Sembrano dei raver scappati di casa col furgone, ma in realtà sono molto di più… e molti di più. I live vedono impegnati un sacco di persone non identificate (io ne ho contate otto) e qualora non vi fosse ancora chiaro il concetto, il loro motto è: “Nella fossa, sul palco, in un parco giochi o in strada, la parola d’ordine rimane: CAOS!” E il caos in effetti si percepisce eccome, in un turbinio di colori, urla forsennate, fumogeni.. rimane il fatto che la musica è un misto di non si sa bene cosa, ma ben riuscito. Abbiamo testi impegnati, nonostante i titoli possano ingannare (Gas Mask, Illegal, Kètamine) masticati come gomme nelle bocche dei performer che sputano, spalleggiandosi, rime in greco, francese, inglese, spagnolo e chi più ne ha più ne metta. Si parla di attivismo, di soprusi, della sfera dei free party e dell’importanza dello spirito aggregativo e solidale, in pura chiave DIY.
Questa crew, nonostante l’apparente durezza, nasconde sotto al passamontagna una voglia di vivere rara da trovare nelle combriccole musicali, sa sicuramente farsi voler bene, con un entusiasmo travolgente che traspare chiaramente dai video vecchia scuola, dai costumi e dalla forza vitale delle loro performances. Ma il rap è solo una delle componenti: ci sono punk, metal e perché no, mettiamoci pure la tekno in questo bel polpettone. Chissà quando saremo pronti ad assistere ad un loro show qui in terra natia che non preveda solo come location degli squat, intanto alla modestissima cifra di 3 euro potete acquistare i loro dischi e vinili direttamente dal loro sito.
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